CRUDELIA DEGOL – Tifoso, disfattista di professione

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Non vedevate l’ora di cimentarvi in commenti negativi, pronti a scrivere sermoni che si concludono con un semplice: “Ve l’avevo detto che siamo una squadretta da metà classifica”. Tutti dirigenti sportivi, allenatori, giudici e disfattisti di professione.


Dopo due settimane di agonia, senza il campionato, tornare in quella curva che sento casa mia, di domenica alle 15.00, doveva essere la conferma che questo Napoli aveva tutte le carte in regola per agguantare la solidità del terzo posto, potendo competere senza fronzoli con una Roma che a Bergamo non ha avuto vita facile, e che è riuscita ad ottenere i 3 punti più per fortuna che per dominio e potere sul campo. Ma anche questa corsa non ha stimolato la squadra. La curva A è piena, io ed Eli arriviamo al fischio d’inizio, Mariangela è li da qualche ora e due gradinate più giù Annita è in compagnia di una new entry. Ce ne sono in abbondanza oggi: certo, non c’è da scandalizzarsi, i prezzi dei biglietti sono inferiori ad una pizza con birra inclusa e poi in una bella giornata di sole meglio andare allo stadio che in un centro commerciale!

Elisa è afflitta, l’adrenalina per il gol di Inler – preannunciato da un sonoro “Gokhan tiraaaaaaa” urlato al mio orecchio – ha il sapore della sconfitta. “Abbiamo regalato spazi, campo, gol” – ripete stizzita – “Non abbiamo verticalizzato ed abbiamo concesso ripartenze a tutto campo. I due gol di Farias sono nostre autoreti. Sul primo Maggio perde il tempo e Rafael non si allunga neanche se lo tiri. Vorrei provare a dare una spiegazione logica agli errori sul terzo ma non ci riesco. Henrique non ha fatto altro che scaricare su Koulibaly per tutta la partita. Cavolo, ma prenditi una responsabilità ed invece di spazzare, passaggio all’indietro a Mr. ‘non-paro-neanche-se-mi-pregate in-ginocchio, in cantonese, in arabo o thailandese’. Il quale a sua volta, da portiere immaturo, non la spedisce in tribuna, no. La passa a Koulibaly che si ritrova a fare un tunnel che non voleva fare e a perdere il tempo, palla in rete e tutti a casa a mangiare la frittata dei nostri difensori”. 


Mi raggiunge anche Annita. Io non lascio mai la curva se non si è svuotata del tutto, me ne sto li in partite come questa ad elaborare di chi è realmente la colpa, lei sembra leggermi nel pensiero e spezza l’aria pesante che si è creata al Gate 21, “Annarè ma qui le colpe a chi le vogliamo dare se non a dei giocatori che dopo un discreto primo tempo si fanno agguantare per ben tre volte? Il rewind della partita con il Palermo: sembrava che stessimo giocando ad acchiapparello, pecchiamo di poco carattere e non riusciamo ad impostare e poi, è palese la nostra incapacità nel mantenere il risultato. Errori dei singoli che hanno pesato sul rendimento dell’organico. Manca un leader in campo, questa è la verità”.


Parole sante le sue, non sono solo arrabbiata per un risultato che rispecchia una rosa non omogenea, sono delusa ed amareggiata per l’unico calciatore (D10S non fa testo) che ho sempre stimato, appoggiato, tutelato e difeso ma che in campo non ricorda neppure chi sia. L’atteggiamento di Marek Hamsik, è un chiaro segno di disagio. Infortunio a parte, che può aver pesato sulle sue prestazioni, il mio capitano non rispecchia la mia gente. Non si impone, non alza la voce, non guida e non sprona un gruppo che deve e sente la necessità di avere una guida, in campo e fuori.

Mariangela è taciturna, è proprio complicato provare a dar voce all’amarezza, ma conosce un rimedio spettacolare per farci aprire bocca, dallo zainetto tira fuori barrette di cioccolato, mi sorride e mentre ci incamminiamo verso l’uscita mi abbraccia e tra i denti mi dice: “Lovely, stay hungry, stay foolish. Ci vediamo giovedi sera da te, contro lo Sparta Praha dobbiamo combattere con il cuore, sudare la maglia ed uscire dal campo dopo aver dato tutto, con grinta ed onore. Ti voglio bene piccola e sorridi, lo dici sempre anche tu, si ama full time, anche e soprattutto dopo partite come questa”. Si allontana, la canadese, mi conosce fin troppo bene. Il tragitto nel viale dei commenti voglio percorrerlo da sola.

 

Smaltire la rabbia è un ottimo palliativo, e se ti capita di beccare un bimbetto di 10 anni come Leonardo oltre a smaltire la rabbia ti ricordi anche perchè di questi colori ti sei innamorata. Ha negli occhi la delusione, ma nella voce il tremolio di chi sa che un pareggio fa parte del gioco. Sa che bisogna sostenere sempre, che si è sentita la mancanza di Insigne, che siamo stati sfortunati con Mertens e che allo stadio, se il papà glielo concede, dai distinti viene a guardarla con me in Curva la partita contro l’Empoli. Mi strappa un sorriso e mi colma il cuore la consapevolezza che questo amore è viscerale, lo senti crescere incondizionatamente ed è parte di te e lo sarà per sempre. Leonardo mi ha riportato a quando ho messo piede al San Paolo la prima volta, l’immensità di quel posto mi faceva sentire piccola ma al tempo stesso parte di ciò che sentivo vibrare intorno a me, quel senso di appartenenza che mi accompagna oggi, come allora.

 

di Anna Ciccarelli

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