#AMENTEFREDDA – È il Napoli l’unico avversario del Napoli. E Higuain è finalmente leader

HIGUAINN

 

Come la fotografia di un’intera stagione. Napoli-Genoa, primo turno del nuovo girone di ritorno di questo campionato è stata la partita simbolo dell’annata azzurra.
Buon approccio alla gara, col piglio della grande squadra; dieci minuti d’autorità che portano al gol del vantaggio di Higuain, e a due clamorose occasioni per raddoppiare.
Poi il bel gioco: l’intesa tra il Pipita e Callejòn che lascia sempre a bocca aperta, i buoni movimenti di Hamsik. A rovinare il tutto li spreco di palle gol davanti a Perin.
Il pari ospite che arriva ad inizio ripresa taglia le gambe agli azzurri, capaci di rialzarsi solo con l’uomo più carismatico del gruppo, che si carica l’intera squadra sulle spalle, si prende e trasforma un rigore – generoso – e spedisce il Napoli al terzo posto.
La serata del San Paolo porta una sola verità: tra le squadre italiane, le uniche avversarie al livello del Napoli sono la Juve, la Roma e il Napoli stesso.

 

CALO E RINASCITA – Quel calo avvertito subito dopo il pari subito è l’emblema napoletano: una squadra con qualità e quantità ancora vittima degli errori dei singoli, banali e ripetuti, a cui Benitez non riesce a mettere una pezza.
In una partita con almeno sei o sette evidenti palle gol, il Napoli vince con le uniche due situazioni dubbie della gara: fuorigioco millimetrico sulla prima marcatura, tante polemiche sul rigore assegnato.
“Abbiamo fiducia” ha ripetuto Benitez, ma quella stessa fiducia pareva essere scomparsa dopo l’esultanza di Iago Falque, che supera Inler e anticipa Albiol prima di far male a Rafael.
La stessa fiducia che ora tiene dietro Samp e Lazio, a due punti di distanza, e ti permette di guardare alla Roma, seconda, avanti sei punti.
L’attacco ai giallorossi sarebbe il modo migliore per prendersi il terzo posto.

 

NELLE MANI DEL PIPITA – Ma anche e soprattutto nei piedi. Altra cosa rispetto a quelli di Edinson Cavani. Non ce ne vogliano il Matador e chi ancora lo segue con affetto alle latitudini parigine, ma l’argentino è tutt’altro tipo di calciatore.
Segna forse meno (ma 12 gol in 20 partite non sembrano così pochi), ma fa segnare e tiene in mano l’intera squadra.
Anche ieri corsa e qualità, gol da attaccante rapace in area, rigore con freddezza assoluta, ma anche tante giocate di qualità, aperture di quaranta metri e colpi di tacco a liberare i compagni come non se ne vedevano da tempo.
È l’idolo del San Paolo ormai da un po’, lo stadio festante inneggiava alla sua uscita dal campo per far spazio a Duvàn.
“Era importante vincere, l’abbiamo fatto”, le sue parole; nel mirino ha forse la Roma, al secondo posto, ma anche Tevez, ora distante un solo gol nella classifica marcatori.

 

A cura di Gennaro Arpaia (Twitter: @gennarojenius9)

 

 

 

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