SHOWTIME – Napoli, ora supera la fase 007

skyfall

Se c’è una cosa che da sempre caratterizza i film di James Bond è quell’urlo sommesso in gola rivolto al cattivo di turno nell’istante in cui, serafico come sempre, convinto ormai d’averla fatta franca, si siede placido faccia a faccia con lo 007 inglese per rivelargli i dettagli del suo piano, schernendolo e dando inizio puntualmente alla propria caduta.

Se è vero che la versione dell’agente Bond di Daniel Craig sa essere sotto molti punti di vista più matura delle precedenti, nonostante i fan della saga restino legati a Sean Connery, anche in questo caso non si rinuncia a tale clichè. Prendiamo ad esempio Skyfall, film di Sam Mendes del 2012, che chiude, con toni tragici e laconici, questa nuova trilogia. Il villain di turno è uno spettacolare Javier Bardem, crudele, furioso e corredato di cicatrici (interne ed esterne) tali da far vacillare le preferenze del pubblico in sala.

Lascia addentrare Bond fin nella sua ragnatela, giocando con l’agente, che crede quasi di poter gestire la situazione, ignaro del fatto d’essere una pedina nel piano orchestrato da Silva. Tutto fila per il verso giusto, e di certo ritrovarsi uno 007 in un discutibile stato psico-fisico e legato a una sedia non è cosa da tutti i giorni. Servirebbe davvero poco per farlo fuori, nonostante lui stia già lavorando per liberarsi i polsi. Un colpo, secco, al centro della fronte, e anche la più adorabile canaglia dell’MI6 potrebbe fare ben poco. E invece l’ego ancora una volta ha la meglio, portando Silvia ad afferrare una sedia, porsi dinanzi a lui, dando vita a una scena stranamente omoerotica, e raccontargli dei suoi crimini venduti al miglior offerente, e soprattutto del suo odio per M.

Ecco in questo io rivedo tanto del Napoli di Benitez. Una squadra tramortita proprio come questo particolare Bond, stesa al suolo dalle fatiche di un Mondiale culminato, per l’elemento più importante della rosa, in un’amara delusione, aggravata da un gol mancato che avrebbe potuto riscrivere la storia. Messa infine k.o. da un sinistro destro basco letale, giunto proprio nel momento peggiore, in cui la guardia azzurra era più che mai abbassata, e ogni colpo o quasi avrebbe potuto far male per davvero. La squadra però si è riscoperta gruppo, scovando l’orgoglio affossato dai fischi, fino a rialzare la testa e tornare a fregiarsi del titolo nostrano ed europeo di “grande”.

Questo Napoli è una delle grandi d’Europa, ma pecca ancora in un aspetto per quanto riguarda il fronte maturazione. Al di là dei limiti qualitativi di centrocampo e difesa, a tratti compensati dalle forti motivazioni e in futuro, si spera, da un mercato all’altezza, gli uomini di Benitez sono poco concreti. Le occasioni piovono quasi dal cielo come nel caso di Silva, ma nessuno ne approfitta. I punti persi per distrazione sotto porta, mancata cattiveria, nervosismo e chi sa cos’altro non si contano in questa stagione, nel corso della quale soltanto in tre gare si è riusciti a non rischiare: Verona, Parma e Cesena. Perfino la gara perfetta contro la Roma poteva rivelarsi fatale e amara, se solo Florenzi avesse approfittato di quell’occasione nel cuore dell’area azzurra. Ancora una volta non c’era stato il gol del raddoppio, giunto soltanto a gara ormai terminata, e ancora una volta tre punti potevano volar via dal San Paolo.

Concluso un mercato Napoli ottimo e approfittato in maniera egregia delle settimane prive di coppe, gli azzurri si apprestano ora a rientrare nel periodo terrificante dei due impegni settimanali, lottando su tre fronti differenti. Ora occorre gettare la maschera dei buoni, che nella vita reale non vincono quasi mai, e decidersi a divenire i crudeli fautori della propria storia. Le occasioni non mancheranno per dimostrare di poter fare l’impossibile, ovvero vestire gli abiti di un villain in grado di non cincischiare ma arrivare al sodo per una volta, come un topo che ha cambiato la propria natura, e ora mangia solo topi.

di Luca Incoronato (Twitter: @_n3ssuno_)

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