SHOWTIME – E’ un Napoli rinato dalle proprie viscere

alien

 

Nel 1979 Ridley Scott ci porta a bordo della Nostromo, una nave spaziale che devia dalla propria rotta di ritorno verso la Terra per rispondere a un SOS proveniente da un pianeta sconosciuto. Risvegliato l’equipaggio, si prepara una missione di recupero, che termina con una terrificante scoperta. I coloni presenti sul pianeta sono stati sterminati da una razza aliena, che ha abbandonato le proprie migliaia di uova in attesa che si schiudessero. Una di queste lo fa proprio mentre l’equipaggio è in esplorazione, e un membro viene attaccato da una strana creatura, che gli copre il volto, infilandogli una protuberanza uncinata in gola.

 

Si tratta di un mostruoso processo di inseminazione e ovulazione, che manda la nave, dapprima in semplice apprensione, nel più totale panico. Improvvisamente, in una scena ormai divenuta storica, Kane (un giovanissimo John Hurt) si accascia sul tavolo da pranzo e sente un forte dolore al petto, che quasi sente scoppiare, finché questo avviene, letteralmente, dinanzi agli occhi attoniti del resto dell’equipaggio, che assiste alla nascita del loro peggior incubo, che lentamente li divorerà tutti, eccezion fatta per una splendida Sigourney Weaver e il gatto Jones.

 

Quest’anno la nave azzurra di deviazioni ne ha messe a segno ben due, e la prima, così come per il film, è stata tutt’altro che felice. Il gruppo capitanato da Benitez è giunto a Bilbao stanco e stremato, per non dire amareggiato, a causa dell’ultimo Mondiale. Con un ambiente dimostratosi ostile in casa e un San Mamés tutt’altro che disabitato, l’identità del Napoli è stata rapita da piccoli e rapidi alieni baschi, per non essere poi restituita alla serie A per quasi tutto il girone d’andata. Il mercato Napoli dipendeva quasi esclusivamente dalla qualificazione in Champions, e dunque le cose non hanno fatto altro che peggiorare, con una squadra attaccata da tutti e irriconoscibile, col volto coperto da una profonda depressione calcistica.

 

Azzurri molli e malati, in grado di fare tutto e il contrario di tutto, quasi come se fossero capaci di riprendere il controllo di se stessi soltanto a tratti, come in Napoli-Roma ad esempio. Il mostro dentro di loro ha covato per ben quattro mesi, dando i primi segni di schiudimento contro il Parma di Donadoni, tanto più in crisi da nascondere i progressi azzurri. Tutto però cambia, finalmente, a Doha, dove con dolore e fatica, proprio come per Hurt, il gruppo azzurro rinasce, perforando la propria gabbia toracica, fatta di ansie e insicurezze, dando finalmente inizio al ritorno a casa tanto agognato, quella vetta della classifica che ora li vede protagonisti.

 

L’ambiente azzurro però pare aver riaccolto a Napoli soltanto parte della formazione, continuando a infierire su un membro della formazione come se fosse ancora “infetto”. A Rafael non è bastato essere decisivo in Supercoppa, e non soltanto ai rigori, come la corta memoria di molti insinua, o mostrare chiari segni di miglioramento come tutto il resto del gruppo, effettuando ottimi interventi, tra i tanti di routine, e superando quella terrificante paura di uscire nell’area piccola, provocandosi magari un nuovo grave infortunio.

 

Il Napoli è rinato dalle proprie viscere, ed è ora che si ammetta questo concetto anche per il giovane Cabral, dimenticando il partente Reina ed evitando ora di osannare per comodo il “normale” Andujar. Se questa nave infestata e alla deriva è stata riportata a casa, al di là del grande lavoro di Benitez, lo si deve, nel singolo episodio volta stagione di Doha, proprio a Higuain e Rafael, e se il primo per caratura è paragonabile alla Weaver, il secondo può essere quantomeno il gatto Jones, a conti fatti un sopravvissuto che va accolto con rispetto.

 

di Luca Incoronato (Twitter: _n3ssuno_)

 

 

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