COLPO DI TACCO -Éric Cantona, judoka di professione

ERIC CANTONA'

“Sono molto orgoglioso che i tifosi cantino ancora il mio nome allo stadio, ma ho paura che un domani loro si fermino. Ho paura perché lo amo. E ogni cosa che ami, hai paura di perderla.”

Éric Cantona

Come ci si potrebbe mai dimenticare di un uomo eletto dai suoi tifosi come il calciatore del secolo?

Éric Cantona ha conquistato i cuori di tutte le tifoserie che l’hanno accolto.

Imprevedibile, spavaldo, arrogante, ma in campo dava tutto se stesso. Regalando emozioni forti e gol straordinari.

La sua storia ha inizio nel sud della Francia, quando giovane ed acerbo, segue le orme del padre che giocava come portiere.

Ma uno spirito ribelle non lo si può tenere fermo tra i pali, soprattutto se ha iniziato a tirare i primi calci ad un pallone, per strada.

Guy Roux, dirigente sportivo dell’Auxerre, sente parlare di questo giovane ragazzino, dal talento smisurato e dall’animo ribelle. Non si lascia impressionare e decide di plasmare il giovane Cantona, portandolo a giocare in seconda divisione con il Martigues.

Ma quando si è forti, dotati a quella età di estro e capacità strabilianti, la seconda categoria è una punizione ed un oltraggio a quel dono. Ritorna all’Auxerre ed arriva la prima convocazione in Nazionale.

E con essa, la prima lite furibonda con l’allenatore ed i commissari tecnici. Lite poi esplosa nella sospensione da parte della Federazione Francese. Alla quale Cantona rispose a mezzo stampa, citando senza mezzi termini l’allenatore Raymond Domenech. Considerandolo il peggiore allenatore del calcio francese, dal periodo di Luigi XVI.

Nonostante questa fama, nonostante la sua indole difficile da domare, non si poteva fare a meno di lui in campo.

Arriva, nel 1988, la realizzazione di un sogno. L‘Olympique Marsiglia, squadra della sua città natale, nonchè la sua fede calcistica, fa carte false per riuscire ad ottenere il cartellino del calciatore.

Torna nella sua città ma non lo fa come dovrebbe. Amichevole contro il Torpedo Mosca, non prende molto bene la sostituzione. Spedisce, violentemente, il pallone in tribuna. Senza rispetto, tira via la maglia e la butta in campo. Il presidente Tapie, sconvolto dell’accaduto, rilascia una semplice dichiarazione :“E’ un gesto inqualificabile. Se ce ne sarà bisogno lo rinchiuderemo in una clinica psichiatrica“.

Troppo per uno come Eric Cantona. Infatti, sarà spedito per punizione, prima al Bordeaux e poi al Montpellier, ed anche qui regala una perfomance d’autore.

Una discussione con i compagni di squadra con epilogo da manuale. Calcio preciso e ben piazzato, sul viso di Jean-Claude Lemoult. Tutti, anzi quasi tutti, erano contro di lui. Fuori rosa non ci finì, grazie all’intervento di mediazione di Blanc e Valderrama. Non si poteva rinunciare ad Eric, era di fondamentale importanza. Fondamentale, come la vittoria della Coppa di Francia, proprio grazie al calciatore-judoka. Si perchè tirare calci piazzati, era la sua specialità, in campo e fuori.

L’Olympique M. lo riporta a casa. Testa calda ma piedi da campione. Ma anche questa volta, la testa calda supera il talento. Lite con l’allentatore e nuova direzione: Nimes. Anche qui, le gesta si ripetono. Lite con l’arbitro, durante Nimes-Saint Etienne. Non attende il provvedimento, esce buttando la maglia e quando sarà davanti alla commissione disciplinare, senza scomporsi etichetterà tutti, come grandi idioti. Si becca due mesi di squalifica, lascia la sala, giurando di non accostarsi mai più ad un campo di calcio e dichiara :’“Ho avuto il privilegio di assistere al mio funerale“.

Mantiene la promessa, cercando di tutelare il suo orgoglio ferito. Si dedica all’arte, con precisione, alla pittura. Ma le vere opere, le disegnava in campo e sarà Michel Platini, tecnico della Nazionale, a riportarlo sulla tavolozza verde. Il campo da dipingere sarà in Inghilterra, nel Leeds.

Riesce a conquistare il titolo nel 1992, segna e regala assist. Incontrollabile il suo potere, la precisione, la dote innata. Tanto che Alex Ferguson, fa di tutto per portarlo alla corte del Manchester United.

Ci riesce, con poco più di 1 milione e 200 sterline. Conosce l’indole di Eric e cerca di spronarlo, toccando la sua personalità indomabile.

Ripaga la fiducia, con lavoro e dedizione, scrivendo le pagine della storia del Club.

Vincerà con il Manchester Utd, 4 Premier League e due Coppe d’Inghilterra. In 143 partite, un numero indicibile di cartellini, scazzottate negli spogliatoi e sul campo ed addirittura un corpo a corpo con un poliziotto. Nel tunnel, dopo l’espulsione nella partita contro il Galatasaray, per minacce all’arbitro. Insulta i turchi e la loro nazione, non certo immagine di santità ed il poliziotto non ci pensa due volte a stenderlo con manganellate e calci.

Era sarcastico, ironico e strafottente. Non importava chi fosse l’interlocutore. Se aveva qualcosa da dire, niente mezze misure e giù duro per farsi sentire. Mai incitarlo alla violenza, mai insultarlo o minacciarlo come osò fare Mattew Simmons.

Premier League, 25 gennaio 1995. Il Manchester Utd affronta il Crystal Palace ed in tribuna anche il Presidente dell’Inter, Moratti, che sperava di far indossare a Cantona, la maglia nerazzurra.

Partita al cardiopalma, Eric è costantemente sotto la pressione di Shaw. Spintoni, gomitate, un pugno all’addome ma il direttore di gara, finge di non vedere. Ma non dura molto, la sua momentanea cecità. Al primo calcio di Cantona, per liberarsi dalla morsa del difensore, estrae il cartellino rosso.

Furioso, come mai prima. Mentre si allontana dal campo, telecamere e milioni di occhi puntati su di lui. Corre, tirando un calcio a mezz’aria, come un vero judoca nello sterno del tifoso M. Simmons. Non contento, dopo essersi rialzato, gli sferra un cazzotto in pieno volto.

Le dichiarazioni successive, affermeranno che, il tifoso 20enne, gli aveva urlato :“Sporco francese bastardo, ritornatene a casa.”. Non ha mai spiegato, realmente cosa, l’avesse indotto ad un gesto simile, si limitò a confessare :”Si tratta di una sensazione che provi in quel momento. Reagisci in un giorno preciso, ma le parole sono le stesse che hai sentito milioni di volte: e quindi è impossibile prevedere quando uno possa reagire».

Come poteva essere prevedibile, fu sospeso e multato. Resta nella storia del calcio, la sua frase, dopo la condanna a 120 ore di servizi socialmente utili :“Quando i gabbiani seguono il peschereccio, pensano che verranno gettate in mare le sardine”.

Nulla di più vero.

Oggi fa il direttore dei New York Cosmos, dopo una breve parentesi al cinema, nel film di Ken Loach, interpretando se stesso.

Arrivò, addirittura, terzo nella classifica del Pallone d’Oro, dietro al vincitore Roberto Baggio e a Dennis Bergkamp.

Cuore ed amore smisurato per il calcio, in un connubio perfetto con la sua indole, l’hanno portato in cima ai nomi che contano.

… Stay Tuned!!! Non si cancellano gli errori, ma si impara da essi.

In arrivo, nomi che non avete mai sentito pronunciare, cattivi di professione.

Di Anna Ciccarelli

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