PAQUIPEDIA – Fernandez, il sudamericano che spaventò Monaco

Fernandez - Getty Images
Fernandez – Getty Images

C’è chi ancora lo rimpiange. Chi pensa che, ai nastri di partenza della prossima Champion’s League, uno così farebbe comodo. Un marcantonio che sfiora il metro e novanta e che, piazzato al centro della difesa, sarebbe un ottimo deterrente per gli attaccanti avversari. Tuttavia, Federico Fernandez fa parte della storia passata del Napoli. Quel Napoli che Mazzarri portò in Champion’s e che Benitez provò a rendere una squadra dal profilo internazionale. Prima, durante e dopo quel triennio il ragazzo magro come un chiodo aveva provato a dir la sua al centro di una difesa che sembrava risentire dell’assenza di un uomo con personalità. Non che mancasse a capitan Cannavaro, ma il ragazzo nato al rione Traiano è uno emotivo e, se la squadra è difficoltà, c’è il rischio che il tifoso prenda il sopravvento sul professionista. Meglio mettergli al fianco un mastino. Uno col fisico nordeuropeo e l’eleganza nei movimenti di chi vive in Sudamerica. Uno con gli occhi di giacchio e lo sguardo impenetrabile che viva del desiderio di emergere nella città di Diego Maradona.

Arriva in azzurro nell’estate del 2011, insieme a una nidiata di calciatori con cui rendere competitiva la squadra tanto in Italia quanto all’estero. Di lui si parla un gran bene: è giovane, ha il fisico e le doti tecniche per diventare il leader della difesa azzurra. E poco importa se ha soltanto 22 anni. «Farà strada» dice il direttore sportivo azzurro che lo acquista dall’Estudiantes, «Diamogli tempo» risponde cauto Walter Mazzarri che sembra aver a cuore soltanto i suoi titolarissimi. E scalzare Campagnaro, Cannavaro e Aronica appare impresa tutt’altro che semplice. Eppure quel ragazzone dagli occhi di ghiaccio comincia a far spallate tanto in campo, quanto in allenamento. Vuol crescere, meritarsi i gradi di titolare come accade con la nazionale argentina, non una qualunque. Si va avanti a spezzoni di partita, minuti rosicchiati a quei campioni che non sono inarrivabili, ma lo sembrano nelle gerarchie di un tecnico fin troppo integralista. Finché non arriva l’occasione della vita. La gara di Champions’ all’Allianz Arena. Di fronte c’è il Bayern Monaco, la squadra che giungerà in finale. La squadra che annovera campioni il cui valore, talvolta, vale un intero reparto azzurro. Un po’ per necessità, un po’ per il desiderio di osare in terra straniera, Mazzarri lo propone titolare al centro di un’inedita difesa a quattro. Quelli del Bayern, di rosso vestiti, attaccano e fanno male ogni volta che possono. Alla fine del primo tempo si è già sul 3-0 con Mario Gomez che fa gol da qualsiasi posizione. Lo staff tecnico del Napoli già prepara le contromosse ma ecco che, un attimo prima di tornare negli spogliatoi, il ragazzo dagli occhi di ghiaccio spinge di testa il pallone in fondo alla rete. Di certo non potrà esultare e non potrà fare altrettanto nella ripresa quando, a poco meno di 10 minuti dalla fine, colpirà di nuovo. Stesso cross dalla fascia, stessa palla spizzata in rete. Stavolta l’urlo è liberatorio. Bisogna ancora rincorrere il Bayern, ma sotto di un gol tutto diventa possibile. Quella partita terminò con la vittoria tedesca e la magra soddisfazione per Fernandez di un’epica doppietta ai futuri vicecampioni d’Europa. Non servirono quei gol a trasformarlo in titolare.

Tutto ciò accadde più di un anno dopo quando mister Benitez, un po’ per scelta un po’ per necessità, lo schierò titolare per l’intero campionato chiedendo a Raul Albiol di fargli da mentore a partita in corso. Un anno che, a ben vedere, si concluse senza infamia e senza lode ma che accese l’entusiasmo dello Swansea che lo strappò al Napoli appena 2 mesi dopo quel campionato da protagonista. Potere dei soldi che sciupano la magia e il romanticismo dello sport più bello del mondo. E adesso che il Napoli ritorna tra le star d’Europa si pensa che uno così farebbe comodo. Uno coi piedi sudamericani, il fisico nordeuropeo e gli occhi di ghiaccio.

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