CHI E’ PAVOLETTI – Il tennis, il guaio-doping, i rigori in movimento: un “cinghiale” âgé che stregherà Sarri

Tutto pronto, tutto fatto. Dopo il piccolo giallo relativo alle visite mediche, slittate – a quanto pare – per un intoppo sul contratto, Leonardo Pavoletti è ufficialmente un calciatore del Napoli. Visite superate, la ratifica del trasferimento e il consueto tweet ufficiale che conferma l’avvenuto trasferimento. Il Napoli ha il suo nuovo centravanti, che vestirà la pesantissima maglia numero 9 lasciata da Gonzalo Higuain quest’estate. Magari non segnerà gli stessi gol, ma sicuramente il ‘Pavo’ si impegnerà per onorarla al massimo, e magari non umiliarla come Higuain all’epilogo della sua esperienza napoletana.

 

DALL’ARMANDO PICCHI AL GENOA: CHI E’ LEONARDO PAVOLETTI, IL NUOVO ACQUISTO DEL NAPOLI

 

Ma vediamo un po’ chi è il nuovo acquisto del calciomercato Napoli. Leonardo Pavoletti, livornese, 28 anni appena compiuti, è il classico attaccante arrivato tardi alla Serie A, ma che una volta affermato sa come farsi rispettare. Nato tennista grazie a papà Paolo, che insegnava alla grande il serve&volley, ma poi a 10 anni il calcio prende il sopravvento e diventa una passione più forte di ogni cosa. Una lunga gavetta che a vent’anni lo vede ancora nell’Armando Picchi, dilettanti livornesi, poi arriva la chance al Viareggio. Un solo anno, poi una buona stagione al Pavia e nel 2010 la brutta esperienza alla Juve Stabia. Da lì in poi è tutto un crescendo: capocannoniere in Lega Pro col Lanciano, poi gli undici gol in B col Sassuolo nell’anno della promozione. Nel 2013 un brutto episodio rischia di macchiare la sua carriera: viene trovato positivo ad un controllo antidoping, ma poi dopo ulteriori accertamenti si scopre che si trattava solo di un sovradosaggio di un farmaco per il raffreddore (il Rinoflumicil), una leggerezza che gli costa una squalifica di 40 giorni. Gli emiliani in A non lo riconfermano e Pavoletti accetta il declassamento al Varese, che segnerà il suo definitivo rilancio: 24 reti, playout compresi, salva praticamente da solo i biancorossi. Il Sassuolo lo riprende ma poi a gennaio 2015 lo cede al Genoa, che finalmente gli dà fiducia, ed è in rossoblu che Pavoletti esplode. 6 reti in 10 partite la prima stagione, ben 14 in 25 gare lo scorso anno, culminato con la chiamata in Nazionale. Poi gli infortuni in serie, le tante assenze e la voglia di spaccare il mondo. A Napoli Leonardo Pavoletti avrà tempo e modo per rifarsi, anche se permane qualche perplessità sulla sua tenuta fisica, forse l’unica vera problematica di un affare che invece sembra non avere punti deboli.

 

VAN BASTEN, LUCARELLI E IL KILLER INSTINCT: COME GIOCA (E COME SEGNA) PAVOLETTI

 

E’ vero, è arrivato tardi alla Serie A e alla consacrazione, ma Pavoletti incarna al meglio il ruolo di centravanti così come lo intende Sarri. Attaccante vecchio stile, che a molti ricorda Cristiano Lucarelli, altra ex conoscenza azzurra, Pavoletti è un centravanti in senso stretto, bravo e proponibile sia in un attacco a 3 punte che a 2. Rispetto al suo concittadino è forse un pizzico più tecnico, magari non proprio come il suo idolo d’infanzia Van Basten ma con i piedi ci sa fare un po’ di più rispetto a Lucarelli. A Sarri piace molto proprio per la sua completezza tecnica, la capacità di partecipare alla manovra per poi andare a finalizzare in area di rigore. Forte di testa, e nonostante la stazza (1,88 x 78 kg) ha anche un ottimo allungo e sa colpire anche in velocità. Una statistica interessante ci spiega quella che è forse la sua skill principale: il senso della posizione unito ad uno straordinario fiuto del gol. Lo scorso anno, infatti, ha messo a segno 14 reti e tutte all’interno degli ultimi 11 metri. Una specie di rigorista in movimento, che sa sempre dove stare e quando gli arriva il pallone difficilmente sbaglia. In campo dà sempre il massimo, fuori invece è un ragazzo molto tranquillo, che non ha neppure un tatuaggio e continua a vedere gli amici di sempre, quelli del liceo Cecioni, nella tranquillità della sua casa livornese dove vive(va) con Elisa e gioca con l’ormai celeberrimo Mou, il maialino vietnamita che è il suo animale domestico, mentre lui si paragona più “a un cinghiale”. La sua Elisa lo descrive “testardo come un mulo: se si mette in testa una cosa è difficile fargli cambiare idea”. Dicono gli piaccia molto leggere, altro tratto in comune con Sarri, che l’ha identificato come uno dei profili perfetti per eseguire i suoi dettami tattici. Storia di un feeling in embrione che ha tutti i crismi per sbocciare al più presto: la speranza, per i tifosi del Napoli, è che sbocci a suon di gol.

 

a cura di Antonio Papa (Twitter @antoniopapapapa)

 

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