Walter Gargano, calciatore del Napoli da cinque anni, quindi sa bene cosa significa questa partita per i tifosi azzurri?
«Nella settimana in cui dobbiamo affrontare la Juventus, ogni giorno, quando li incontro, mi dicono che per loro batterla è come vincere qualcosa in più di una semplice gara di campionato. Noi calciatori queste sensazioni le assorbiamo e ormai ho capito cosa devo fare».
E domenica allo Juventus Stadium sarà così?
«E’ una partita importante e noi siamo stimolati perché la Juventus non perde da inizio campionato. Ma domenica non sarà la stessa cosa della finale che giocheremo il 20 maggio»
Giocheremo? Quindi lei non si è arreso all’idea di non esserci in quella sfida che vale un trofeo?
«Purtroppo non ci sarò ed è un peccato: sono stato ignorante perché contro il Siena non sapevo di essere diffidato».
Faccia lei la cifra, dica quanto spenderebbe pur di esserci in finale?
«Darei qualcosa di più dei soldi per esserci, perché una finale non si gioca sempre».
Magari potrebbe consolarla l’idea di trovarsi al fianco in tribuna uno che si chiama Diego Maradona.
«Magari, così lo saluto. Non l’ho mai visto da vicino, non ho mai avuto l’opportunità di vederlo e ne sarei felice».
Diciamo, allora, che proverà a sfogare la rabbia di quella squalifica con una prestazione super domenica?
Si dice che il primo amore non si scorda mai, ma nel suo caso è il secondo gol che non si scorda mai. Giusto?
«Nel mio primo anno a Napoli segnai alla Juve un gol bellissimo, lo ricordo ancora».
Tra l’altro, fu l’unico gol che la Juventus quella sera non contestò.
(Ride, ndr) «Sì, fu un bel gol al termine di una giocata bellissima. A un certo punto decisi di fare tutto da solo e andai dritto verso la porta, nessuno riuscì a fermarmi e tirai forte di sinistro. Per fortuna quel gol portò il Napoli sull’1-1 e poi ricordo che ci concessero due rigori che Domizzi segnò. Che notte».
Magari ci proverà domenica a bissare allo stesso modo?
«Proprio così, non credo. In quel periodo andavo un po’ in giro per il campo, mentre adesso ho capito come si gioca in Italia. Quando sono arrivato non capivo niente di tattica, ma in questi anni ho imparato ad essere più ordinato davanti alla difesa e provo di meno a tirare. Ma comunque ci provo: il Genoa e il Cagliari lo sanno. E ci proverò di nuovo con la Juve. Per un giocatore è bellissimo segnare, una sensazione unica soprattutto per quelli che, come me, segnano di rado».
Lo sa che suo cognato Hamsik, quando segnò il 3-2 nell’ultima vittoria del Napoli a Torino, disse un sacco di parolacce in slovacco mentre correva verso i tifosi?
«Sì, me lo ricordo. C’era anche mio suocero in tribuna, quindi erano dedicate a lui».
Se domenica dovesse segnare lei il gol-vittoria sulla Juve, direbbe le stesse parolacce in spagnolo?
«Sicuramente, perché in quel momento ti sfoghi, hai un impulso forte, dici cose che non pensi e che escono da sole. Giuro: se faccio gol bestemmio in spagnolo».
C’è qualcosa che invidia a suo cognato Marek?
Forte al punto da diventare un pallone d’oro?
«Tranquillamente».
Anche stando nel Napoli?
«Anche stando nel Napoli, ma deve osare di più. A volte non lo fa solo perché lavora per la squadra».
A proposito di lingue, quale idioma si parla a casa Gargano?
«Con mia moglie Miska parlo l’italiano. Poi, io con mio figlio Matias parlo anche spagnolo, mentre la mamma gli parla in slovacco. Anche con Marek parlo italiano, anche se ogni tanto qualche parolaccia in slovacco viene fuori».
La famiglia Gargano sta per aumentare, un motivo in più per restare a Napoli ancora a lungo?
Lei ha un contratto fino al 2015. E poi?
«Poi si vedrà. Io sto bene a Napoli, sono tranquillo. Magari il club quel giorno sceglierà di non continuare con Gargano, mi dispiacerebbe, ma non potrei mai dimenticare Napoli».
Nel frattempo potrà prendersi qualche altra soddisfazione, magari quella di battere il record di imbattibilià della Juve?
«Lo spero. Quest’anno la Juventus non aveva le coppe ed è stata agevolata. Noi faremo di tutto per vincere».
Tuttosport
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