di Gennaro Arpaia (Twitter: J3nius9)
A rimuginare, a riflettere, a provare un po’ di vergogna. Quella sana.
Il Napoli non è una squadra da terzo posto in un campionato competitivo, figuriamoci da secondo. Questa squadra ha grandi lacune che ancora oggi, alla venticinquesima giornata, non sono state colmate.
Questo pari con il Genoa ne è la prova.
Tutto sembrava andare per il meglio al San Paolo. Poca gente, ma rumorosa, serata perfetta per giocare a calcio.
Il solito 4-2-3-1 beniteziano a sfidare il 4-5-1 genoano, con Higuain di punta e Gilardino dall’altra parte, con Mertens, Hamsik e Callejòn contro il solito Konate rossoblu a servire l’attacco.
Il Napoli gioca, perché il Genoa concede, e rischia il gol con Mertens, Higuain, prima di trovarlo, proprio con Higuain, servito magistralmente da Hamsik, che dormiva da mesi e tornerà mestamente a partire dopo l’assist.
L’unica cosa da salvare della serata. La partita del Napoli finisce qui.
Sfiora più volte il raddoppio, ma lo manca, lo sottovaluta, lascia spazio al Genoa che non pareggia solo per colpe proprie.
Nella ripresa lo scempio: una squadra che a calcio non gioca più, che rischia il tracollo più volte.
Benitez sbaglia lettura, non tira le redini a Mertens, completamente cavallo matto stasera, non redarguisce Callejòn e Higuain che credono di giocare l’amichevole nel loro giardino lasciandosi ammonire in modo tanto gratuito che neanche le casalinghe al discount.
Il Napoli si butta in attacco, entra Pandev, ma il risultato non cambierà.
Non funziona così: non puoi dormire un’ora per risolverla alla fine, quando le cose si mettono male.
Una squadra abulica, apatica, addormentata, semplicemente non al livello della situazione.
Unica nota positiva: la maglia gialla con la fascia da sindaco chiuderà qui la sua avventura, dopo un mese abbondante di onorata carriera.
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