di Gennaro Arpaia (Twitter: J3nius9)
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È un Napoli brutto quello visto in campionato ed Europa League da un mese a questa parte.
La squadra di Benitez, pimpante, fresca, propositiva fino a prima della sosta natalizia, nonostante i problemi sempre presenti, ha lasciato spazio sempre più ad una compagine abulica, noiosa, spesso distratta e incapace di infiammare il pubblico, in casa o in trasferta.
Il leitmotiv di tutta la stagione è la capacità degli azzurri di portare a casa il risultato, seppur a fasi non sempre regolari, impacchettando i tre punti e conquistando la vittoria. Un dato che consente al Napoli di essere oggi, a marzo inoltrato, al terzo posto a giocarsi il secondo con la Roma.
Punto di non ritorno, pare essere stata la disastrosa trasferta di Bergamo, una di quelle partite che gli azzurri sbagliano completamente, come ce ne possono essere nell’arco di una stagione, lo scorso 2 febbraio.
Il naufragio azzurro, con un 3-0 che lasciava poca speranza a chiunque volesse difendere la squadra, portò con sè una serie numerosa di critiche, che piovevano su Benitez da tutti i lati.
L’accusa sempre la stessa: i troppi gol subiti dalla retroguardia, una difesa molle, debole, che concedeva troppo per una squadra votata all’attacco e non curante della fase difensiva.
Da quel momento, l’atteggiamento della squadra è cambiato nettamente: nelle successive sei partite, dal match con il Milan a quello di ieri a Torino, il Napoli ha incassato sole 3 reti, per un totale quindi di mezzo gol a partita, stravolgendo il trend che nelle sei partite precedenti alla trasferta di Bergamo faceva registrare ben 6 gol subiti, il doppio quindi per una media di 1 gol a partita.
Gli azzurri hanno via via lasciato l’idea di gioco spumeggiante d’attacco, per dare spazio ad una solidità che potesse dare equilibrio alla squadre, evitando le marcature avversarie.
Ed in effetti, dopo la partita di Torino, eccoci tutti qui ad applaudire le prestazioni di Fernandez e Albiol, nonostante il reparto sia privo di Zuniga, Mesto e ora anche Maggio.
Tutto questo, però, inevitabilmente porta ad una formazione che non sappia più gestire le fasi d’attacco come vorrebbe. Che pensa a non prenderle e non più a darle.
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