Fabio Cannavaro ha rilasciato un’intervista a ‘La Gazzetta dello Sport’ incentrata sui fatti dell’Olimpico: “La curva B è stata la mia seconda casa. Lì sono cresciuto. Ho tanti amici ultrà. Ma ciò che sta succedendo non lo capisco. Se i giocatori non hanno responsabilità? Spesso si ritrovano costretti per i comportamenti dei club, che hanno via via ceduto ai gruppi estremi. Hanno cominciato pagando le coreografie e si è finito per entrare in una spirale negativa, dove impera il business”.
Ai suoi amici ultrà cosa direbbe?”Quella mentalità di cui vanno fieri è cambiata nel tempo, non so se degenerata. E così non si può andare avanti. Una volta c’era al massimo una scazzottata, poi si è passato ai coltelli, ora le pistole. No, occorre fermarsi. E se non lo capiscono si cominciasse con abolire gli striscioni. Questa corsa a identificarsi, di delimitazione del territorio diventa terreno fertile per la violenza”.
Basterebbe? ”No. Ma limitare questo fenomeno è urgente per fermare la spirale di paura che fa scappare le famiglie dagli stadi. Il rapporto fra club e tifosi deve tornare a essere come un matrimonio. Nel senso che uno si sposa e per prima cosa pensa alla casa. Costruiamo stadi confortevoli e accessibili ai bambini. E poi, per esempio, il Real Madrid ha realizzato un centro sportivo bellissimo, dove c’è spazio per tutte le squadre, fino ai più giovani. Un sistema di valori sportivi fatto a scale, si sale un gradino per volta, in squadra. E puoi sognare di diventare un campione. È sana cultura sportiva”.
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