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EDITORIALE – Il Mondiale delle sliding doors. Il gran rimorso del Pipita e le lacrime del Brasile

 

Con la rete di Mario Götze a 5′ dal termine del secondo tempo supplementare nella finale mondiale tra Germania e Argentina, cala il sipario sulla ventesima edizione della Coppa del Mondo, in un Brasile contento a metà, tra le gioie della gestione e dell’organizzazione in larga parte impeccabile e i dolori di una eliminazione cocente, per mano della futura vincitrice del torneo, giunti ad un passo dal sogno più bello.

 

È stato il Mondiale delle ‘sliding doors’, di quello che poteva succedere e non è successo, di ciò che poteva essere e non è stato.
Quello della rivincita del Brasile, inteso come squadra, dopo le lacrime, i pianti, i suicidi del Maracanazo del 1950, ma i verdeoro non vanno oltre un quarto posto che sa di beffa per i disegni iniziali e per le 10 reti incassate tra semifinale e finale contro Germania e Olanda.
Il 7-1 subito dai tedeschi è l’onta più grande che si potesse pensare, che si affiancherà a quella sconfitta con l’Uruguay di 64 anni fa.

 

Doveva essere il Mondiale di Leo Messi, che fresco 27enne avrebbe vinto il titolo e regalato una gioia al suo popolo come aveva fatto Maradona 28 anni prima.
Ma la ‘pulga’ atomica è stato un Messi ad intermittenza, figuriamoci un Maradona. Finiranno da oggi gli accostamenti tra i due, forse. Perché poi il calcio è strano, e basteranno due partite a buon livello per farci tornare sui nostri passi.
Poteva essere il Mondiale di Higuain: un solo gol in 7 partite, bottino troppo povero per essere il bomber di una nazionale che aspira al titolo.
Certo, sempre meglio di Aguero, Palacio e compagnia, fermi a zero nonostante le chances avute.
Il Pipita si porterà sul groppone la clamorosa occasione fallita nel primo tempo della finale, solo davanti al portiere tedesco; da campione del Mondo a campione di ombre il passo è breve.

 

Doveva essere il Mondiale dell’Olanda, quello della fantasia al potere, della sagacia tatica di Van Gaal e delle qualità immense di Van Persie e Robben.
E invece, ancora una volta, la favola tutta Orange si infrange in semifinale, terzi sul podio ed eterni incompleti nella vita.
Poteva essere, ancora, il Mondiale di due giovani stelle – o quasi – come Neymar e Mario Balotelli.
A fermare il primo ci ha pensato Zuniga, che per un bel po’ di tempo in Brasile sarà accolto come fu accolto Cesare dagli Optimates dopo il Rubicone.
Al secondo, invece, non è stato necessario uno sparring partner per uscire dalla competizione: il pallonetto contro la Costa Rica è stata la sliding doors più grande della sua ormai già lunga carriera.

 

Le porte si chiudono dopo un mese esatto.
Prossimo appuntamento in Russia, nel 2018.
Molti volti nuovi, molti volti già noti.
La rivincita delle sconfitte riparte da qui, oggi.
Messi, brasiliani e italiani sono avvisati.

 

Di Gennaro Arpaia (Twitter: gennarojenius9)

 

 

Gennaro Arpaia

Iscritto alla facolta di Giurisprudenza della Federico II Napoli. Giornalista pubblicista iscritto all'albo da giugno 2013.

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Gennaro Arpaia

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