a cura di Gennaro Arpaia (Twitter: @gennarojenius9)
Quando Orsato ha fischiato per tre volte poco prima delle 23, ogni napoletano sapeva di aver perso almeno un anno di vita. Un anno, ma anche di più, visto che nei quattro minuti di recupero assegnati nel finale solo un romanzo kafkiano avrebbe saputo regalare le stesse sorprese.
Maurizio Sarri deve aver letto più volte opere del nativo di Praga, visto che il suo Napoli ieri ha fatto da solo il bello e cattivo tempo di una partita che valeva una gran bella fetta di questo girone d’andata.
PALI E SANTITA‘ – Dall’altra parte, per l’Inter di Mancini è stata una serata di continuo sbattere; dapprima contro il muro azzurro eretto dai padroni di casa, poi contro i legni del San Paolo, testati allo stesso modo prima del fischio finale. Il primo di Jovetic, che aveva spiazzato prima i centrali difensivi e poi Reina prima di prendere il palo, poi quello di Miranda, su cui Pepe sfodera la mano santa e un riflesso da fuoriclasse della porta.
Una partita nella partita quei quattro minuti di recupero, ma fino a quel momento il Napoli sa di aver affrontato la ormai ex capolista italiana con il piglio di una squadra d’alta quota.
25 ANNI D’ATTESA – Ma è la ripresa ad avere un copione da film. La trama non sembra diversa da quanto già visto, eppure il gol del doppio vantaggio che avrebbe dovuto piegare definitivamente gli ospiti spezza invece le gambe proprio al Napoli, che al 63° vede segnare Higuain un altro spettacolare gol – fanno dodici in Serie A quest’anno – e tira inspiegabilmente i remi in barca.
La prova cinque minuti più tardi, quando Ljajic fa quello che vuole in area napoletana tra Koulibaly, Albiol e Ghoulam e batte Reina; per il portiere spagnolo l’imbattibilità si ferma a 534 minuti, comunque miglior prestazione in Europa in questa stagione.
Negli ultimi venti minuti in campo ci resta solo la squadra di Mancini; gli ingressi di Biabiany e Jovetic mischiano ancora una volta le carte del match e al Napoli viene il braccino corto. Le sostituzioni di Sarri non danno l’effetto sperato e le assenze di sostituti come Mertens e Gabbiadini si fanno sentire fortemente. Uno squillo al presidente De Laurentiis in vista del prossimo mercato di gennaio.
Ma sul San Paolo ci mettono le mani prima San Gennaro e poi Pepe Reina, due che in questo momento hanno per i napoletani lo stesso grado di santità.
I due legni del finale tengono col fiato sospeso mezza città, poi libera di alzare al cielo forte la voce liberata dopo quasi 25 anni; era dal campionato del 1990, infatti, che gli azzurri non si ritrovavano da soli in testa alla classifica del campionato. Erano gli anni finali di un ciclo targato Maradona e Careca, Alemao e Ferrara; oggi ci sono Higuain e Reina a tenere le redini di una squadra che un ciclo vorrebbe aprirlo, magari sognando lo scudetto fino alla fine.
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