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CRUDELIA DEGOL – Non è finita, non ancora

Non è stato infranto alle 14.30 di una domenica pomeriggio, il sogno azzurro.

Non abbiamo lasciato, alla Dacia Arena, la corsa per lo scudetto.

Nel lunch match che ci ha visti attaccati alla tv o su quegli spalti, abbiamo consegnato le chiavi al portiere per chiudere alle nostre spalle un traguardo.

Rincorrere la prima della classe, doveva essere un incentivo per mordere alle caviglie gli avversari ed invece l’ennesima vittoria della vecchia Signora ha solo sentenziato quello che sappiamo già.

Nessun ardore, nessuna rivalsa, nessuna voglia di far sentire il fiato sul collo a chi continua ad essere la prima della classe nel nostro Campionato.

Rinunciatari, assuefatti e sonnolenti gli azzurri.

Le nazionali, la stanchezza nelle gambe, i viaggi.

Scusanti alle quali aggrapparsi ha il sapore della mediocrità.

La fascia sinistra in affanno dal primo minuto.

Ghoulam, travolto dal ciclone Widmar, che non l’ha lasciato rifiatare.

Insigne, sprecone e spavaldo ed in completa balìa di Heurtaux.

Jorginho ed Hamsik, incatenati e privi di combattività.

Dove sono finiti i guerrieri azzurri?

L’inesperienza di Gabriel ha fatto il resto ma uno, dico uno solo dei difensori azzurri, non ha ritenuto opportuno piazzarsi sulla linea della porta?

Parlarne adesso, non serve.

Eppure, dopo il primo giallo di Koulibaly e le continue sbandate sostituirlo con Chiriches poteva essere una svolta su una fascia che era in affanno.

Mertens per Insigne, Gabbiadini per Callejon ed El Kaddouri per Hamsik dal 1′ della ripresa.

Una scossa, una dose di adrenalina per una squadra allo sbando.

Ed invece si riparte sotto l’effetto di un sonnifero.

Il gladiatore, si lascia prendere dalla rabbia che la fa da padrona.

Un arbitraggio non del tutto coerente con le norme della FIGC, eppure non del tutto lontane dalla correttezza.

Due pesi e due misure si legge ovunque, senza valutare che l’errore si è visto a Torino e non ad Udine.

Irrati ha svolto il suo compito, non possiamo dire lo stesso di Rizzoli.

Ma morale della favola, a farne i conti saremo noi.

Le quattro giornate che Tosel ha anticipato in radio per l’argentino, influiranno sulla nostra corsa.

Il ricorso è pronto, chissà se servirà dopo l’ennesimo sopruso che questa piazza ha sùbito.

Udine ci ha lasciati con l’amaro in bocca, vecchi ricordi ancora vivi.

L’Udinese è la vera bestia che non riusciamo a matare.

Da quando Inler, già nuovo acquisto del Napoli, gela il San Paolo alla rovesciata di Fernandes che è un misto tra le imprecazioni a Gabriel e l’incredulità.

Ma non è finita, non lo è ancora.

L’Hellas Verona, in casa e poi di volata a Milano per questa Inter che cade e si rialza come il sacco della boxe.

Spetta agli azzurri, ai cuori e al coraggio di chi scende in campo con la nostra maglia, far capire che possiamo blindare il secondo posto.

La vecchia Signora, si sa, tra favoritismi e fortuna sfacciata, continuerà solitaria la sua corsa.

Non possiamo permetterci il lusso di buttare alle ortiche un campionato straordinario.

Non sarai sola, cara maglia, non lo sarai mai.

Ma nonostante il nostro supporto, il nostro esserci al San Paolo o in trasferta.

Restiamo il 12esimo uomo in campo, ma necessitiamo degli altri 11 per vincere.

A testa alta, tutti. Resettiamo la sconfitta ma facciamo tesoro degli errori.

Sette finali ci attendono, sette finali da vivere insieme.

Fidiamoci di Gabbiadini, del riscatto di Insigne, della velocità di Callejon.

Rialziamoci e tiriamo fuori gli attributi, perchè li abbiamo.

Non è mica finita, non lo è ancora.

 

di Anna Ciccarelli

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Anna Ciccarelli

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Anna Ciccarelli

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