Operazione Last Banner tra violenza e la creazione di una vera e propria organizzazione parallela al club: come agivano gli ultrà Juve
I blitz in diverse città italiane coordinati dalla Digos di Torino e dalla Pm Chiara Maina e dal procuratore aggiunto Patrizia Caputo derivanti dall’operazione Last Banner, hanno portato all’arresto di diversi esponenti della Curva della Juventus, considerati colpevoli di attività criminali legate non solo al bagarinaggio, ma anche ad estorsione e violenze. Un elemento da cui è partito il filone d’inchiesta viene del caso riguardante la morte di Raffaello Bucci, un appartente dei “Drughi” e uno dei più famosi capi ultrà della Juve.
L’obiettivo dei gruppi ultrà Juve era ristabilire i privilegi sospesi dal club piemontese a causa di dissidi e scontri violenti perpetuati da questi ultimi. L’idea di base era di minacciare e tenere sotto scacco la società organizzando un giro parallelo di vendita di biglietti. Fattore da cui è partita l’intera operazione diventando un fatto incontrovertibile.
Gli stessi gruppi ultrà Juventini dalla stagione 2017-2018 hanno iniziato una campagna di “boicottaggio” ai danni del club, consistenti in intimidazione dei tifosi tale da non farli accedere a settori specifici dello “Stadium”. Presenza di striscioni contro la dirigenza e spesso messi alla rovescia tale da mandare un chiaro messaggio di dissociazione. Non da ultimo cori razzisti.
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