L’esonero di Ancelotti è una pista poco praticabile a campionato in corso soprattutto per la carenza di alternative. Reja non convince
“Carlo Ancelotti è un grande, noi scendiamo in campo e noi dobbiamo dare di più”. Le parole di Piotr Zielinski nel dopo Udinese-Napoli sono quelle di un ragazzo che si assume le sue responsabilità – almeno lui – e toglie un po’ di pressione al suo allenatore. Solitamente accade il contrario, nel caos che è diventato il Napoli attuale succede anche questo. Eppure la sensazione è che neanche l’endorsement di un suo calciatore può salvare ciò che ormai sembra scontato. A fine stagione è addio certo fra Ancelotti e il Napoli, un rapporto che, al di là di tante chiacchiere di facciata, non è mai realmente decollato, né con la squadra né con la dirigenza. Ma la separazione potrebbe avvenire anche molto, molto prima, addirittura potrebbe arrivare dopo la partita con il Genk, a qualificazione Champions completata.
Il problema, forse l’unico vero motivo per il quale l’esonero del tecnico Carlo Ancelotti non si è già consumato, è che alternative al momento ce ne sono poche e che ovviamente è preferibile chiudere un capitolo in estate per poterne così iniziare un altro senza le limitazioni del mercato attuale. Difficile che si opti per un traghettatore, l’idea Reja sarebbe un amarcord ma non convince del tutto. Se proprio la situazione dovesse diventare insostenibile in pole resta Gennaro Gattuso, che però accetterebbe solo un pluriennale. Libero, affamato e con la grinta giusta per ridare motivazioni ad un gruppo depresso. Poi c’è Spalletti, che ha ancora un contratto in essere con l’Inter e non vuole privarsi dello stipendio percepito dal club nerazzurro, motivo per cui si tratta di una pista più praticabile per giugno
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