Se, qualche anno fa, ci avessero detto che un fiammingo di poco più di 60 chili, sarebbe arrivato a Napoli a dettare le regole, avremmo pensato ad un artista, ad un pittore, forse ad un cuoco, tutt’al più. Ma mai, davvero mai ad un calciatore. E soprattutto mai a Dries Mertens.
“Chi?”, aveva detto qualcuno in città quando fu acquistato dal PSV, “Un buon colpo, un buon giocatore, ma nulla più”, dissero in coro i più esperti. Perché nessuno, davvero, si sarebbe mai aspettato che l’uomo di Leuven avrebbe potuto far innamorare una città calda come Napoli, passionale come Napoli e già troppo scottata in quel momento storico.
Mertens fu l’acquisto perfetto: nessun titolone, nessuna spesa folle, un investimento mirato, oculato, che oggi vale tre volte tanto, almeno. Il suo valore è schizzato dai quasi dieci milioni pagati dal Napoli nell’estate del 2013 ai trenta che gli azzurri potrebbero richiedere oggi in caso di cessione.
Ma quale cessione? Dries non si tocca, da Napoli non si muove; la città è innamorata di lui, ma soprattutto è lui ad essere innamorato della città, con l’intera famiglia giunta al seguito dal Belgio.
Dopo le prime due stagioni di sparigliatore agli ordini di Rafa Benitez, il ruolo da panchinaro se l’è tolto dalle spalle con Sarri; sempre più spesso titolare, sempre più spesso decisivo. Oggi, nell’anno della consacrazione, il calo di Insigne ad inizio anno non si è quasi avvertito grazie a lui, praticamente trascinatore dei suoi in quasi tutte le uscite.
Come tutti quelli della sua età, anche Mertens è un europeista convinto; fa parte della generazione dorata del Belgio, del gruppo di calciatori che, per molti, hanno il tasso di qualità più alto d’Europa e forse del mondo.
a cura di Gennaro Arpaia (Twitter: @gennarojenius9)
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