Koulibaly, Osimhen e Anguissa alzano la voce e propongono diverse soluzioni per combattere il razzismo: la Serie A prenda appunti.
Il 2-1 del Napoli a Firenze passa un po’ in secondo piano. Sette vittorie di fila in campionato come possono essere tralasciate, vi chiedereste. Eppure, al termine della gara ci sono stati alcuni episodi incresciosi, che hanno riportato al centro del dibattito un problema della società italiana ancora da estirpare. Il razzismo è una piaga sociale e ieri Koulibaly, Anguissa e Osimhen ne sono state ennesime vittime.
I tre calciatori azzurri sono stati insultati dagli spalti per il loro colore della pelle, ma non hanno taciuto davanti a quell’osceno spettacolo e hanno alzato la voce dentro e fuori dal campo. Solo poche ore fa, i tre hanno condiviso sui social il loro punto di vista. Koulibaly, Osimhen e Anguissa offrono una lezione gratis di civiltà per combattere il razzismo negli stadi: Serie A, prendi appunti.
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Non usa mezzi termini Kalidou quando scrive sui social come l’hanno chiamato dalla tribuna del Franchi di Firenze. “Scimmia di merda: così mi hanno chiamato. Questi soggetti non c’entrano con lo sport” tuona il comandante del Napoli su Instagram, con tanto di foto e quel dito puntato che accompagna le parole amareggiate del difensore. Poi Koulibaly propone la soluzione al razzismo, una strada che la Lega Serie A dovrebbe percorrere: “Devono essere identificati e tenuti fuori dagli stadi: per sempre“. Daspo a vita. Ed ha ragione.
Così come ha ragione l’attaccante nigeraino. Il punto di vista di Osimhen è più moderato, ma condivisibile ed è una soluzione futuristica, che parte dall’educazione: “Parlate ai vostri figli – scrive Victor – fate capire loro quanto sia disgustoso odiare un individuo per il colore della sua pelle“. Ma non bisognerebbe parlarne solo in famiglia, ma anche nelle scuole e tanti altri contesti.
Infine, è arrivato il messaggio anche di Frank Anguissa, insultato anch’egli a Firenze: “E’ triste vedere che nel 2021 ci siano persone che possono farlo! Puoi insultarmi e chiamarmi ‘scimmia’, ma questo non influenzerà l’uomo che sono perché so chi sono, so da dove vengo, sono un uomo di colore e sono orgoglioso di esserlo e che non cambierà mai. No al razzismo“.
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