Qualcuno, lissù in curva, si azzarda a chiamarlo Prometeo. Non è un qualcuno qualunque, ma uno che ben sa a cosa si rivolge, a cosa sta assistendo. Ad uno spettacolo di rara bellezza ovvero ad una cometa che da queste parti ci è passata poche volte e probabilmente è anche più giusto così.
Prometeo, letteralmente colui che ragiona in netto anticipo. Come Higuain che pare ogni volta aver già visto dentro di sé come finirà l’azione. L’uomo giusto al momento giusto. Per il popolo giusto. Quando lascia il campo, ad una manciata di minuti dalla fine, costringe per l’ennesima volta quei pochi napoletani seduti al San Paolo ad alzarsi. Non si può, davanti a cotanta bellezza, non affacciarsi dalle gradinate a seguirne il movimento felino, dall’area di rigore fino all’ultimo sedi olino in panchina.
Anche stavolta ha fatto il suo dovere, quello da buon attaccante, da capocannoniere della serie A. Il tabellino aggiornato al turno numero trentasei recita così: “Higuain gol 32 in 36 gare”. Con le presenze che, condonando la squalifica, sarebbero in realtà 33.
Dove sarebbe arrivato se avesse avuto a disposizione le gare interne con Verona e Bologna, più la trasferta di Milano? Probabilmente molto più su, dove solo le aquile osano volare.
Quelle aquile inviate da Zeus a punire Prometeo per lo sgarro fatto. Le stesse che puniscono oggi Higuain, destinato a non alzare alcun trofeo alla fine della stagione. Come se Zeus fosse il Napoli e quel fegato gli errori troppo evidenti per poter essere in cima alla classifica. 
a cura di Gennaro Arpaia (Twitter: @gennarojenius9)
					




