Sarri a 360°: la provincia, il Real il tradimento del Pipita e i 20 minuti ‘arrapanti’

Sarri © Getty Images

Il giornalista di Sky, Paolo Condò ha intervistato per la rubrica settimanale sui più grandi tecnici, l’allenatore del Napoli Maurizio Sarri. Una chiacchierata lunghissima col coach partenopeo che ha rivelato tra le altre cose anche i motivi che lo hanno spinto a dedicarsi al mondo del calcio “Mia moglie mi ha detto che se ritenevo questo un modo per avere serenità, allora dovevo farlo e mio padre mi disse le stesse parole”, una scelta dettata da una passione immensa di un uomo che prima lavorava in banca: “Sono arrivato in un momento in cui mi sentivo allenatore e volevo pensare al calcio dalla mattina alla sera, era una scelta inevitabile. In banca per anni mi sono divertito.”

Il tecnico di provincia

Maurizio Sarri ha quindi ripercorso la sua carriera sin dal calcio dilettantistico per poi tracciare le dovute differenze: “Lo facevo a tempo pieno, ma ero ancora in serie D. Vincemmo la Coppa Italia di D, arrivammo secondi e vincemmo i play-off andando in C2. E’ stata una scalata, due anni fa eravamo in Eccellenza. Portare un paesino di 7mila persone in C2 era gratificante, poi sono diventato professionista e facemmo un altro secondo posto e siamo andati in C1. In quel momento iniziai a pensare ‘è facile, posso farlo veramente’. Già la serie D di 15 anni fa era al limite del professionismo, molti facevano solo quello. Io lavoravo quasi allo stesso modo di adesso. La richiesta di applicazione c’era anche in quel momento. Ho avuto gruppi straordinari, professionali anche senza essere professionisti. Ho avuto invece anche giocatori professionisti poco professionali. Mi sento di rappresentare quelli che vengono dai dilettanti. Per molti giocatori la differenza tra un giocatore di A ed uno di C è sottile, lo stesso per gli allenatori. Il pensiero sui dilettanti è strano, lì si gioca un calcio uguale, il campo è uguale, la testa è uguale, ma cambiano le qualità tecniche, ma lì le squadre sono organizzate tatticamente”.  Sarri ha quindi descritto il suo curioso inizio da quindicenne: “Era il campionato allievi. L’allenatore aveva litigato col club, ci siamo trovati a partire senza allenatore. Eravamo soli, quindi ho fatto salire la squadra in pullman ed abbiamo detto all’arbitro che c’era stato un incidente. Ho fatto la formazione ed abbiamo vinto 2-1, un episodio che ha dato soddisfazione anche all’allenatore che tornò ad allenarci. Io avevo già giocato negli Allievi, mi sentivo il più esperto..”

Il maestro Sacchi

Inevitabile l’accostamento tra Maurizio Sarri ed Arrigo Sacchi anche per l’inizio nel calcio dilettantistico: “Arrigo è uno che ha vinto tutto, si possono paragonare solo gli esordi nei dilettanti. Il paragone mi onora, io se faccio questo lavoro è perché mi sono innamorato del suo gioco e dei suoi metodi e glielo dico sempre. La passione nasce da lui, quindi essere paragonato a lui è una soddisfazione. Poi spero di riuscire a vincere qualcosa. Registravo il suo Milan, lo guardavo in VHS, poi rivedevo i movimenti difensivi. Io ho studiato però il Milan di Sacchi ed ho analizzato il Barça, hanno portato grandi cambiamenti. Chi porta cambiamenti significa che ha inciso in modo importantissimo.”

Il rapporto con i calciatori

Il mai troppo sentimentali Sarri ha scoperto le carte: ” Se mi affeziono ad una persona in modo forte, mi sento obbligato a fare bene per lui. Quando questo mi succede, come ad Empoli, mi fa rendere di più. Mi piace il senso di responsabilità, mi sento obbligato con chi mi vuole bene. Sono uno che manifesta poco i sentimenti, ma mi affeziono molto ai giocatori. Ci sono stati giocatori con me per anni, forse Croce quello che è stato di più con noi, dalla C alla A”.

Tifoso del Napoli

Come ripetuto più volte nonostante l’evidente accento toscano, Sarri è sempre stato un tifoso azzurro: “Da bambino ero tifoso del Napoli, ma anche dopo, ho visto delle gare di Diego al San Paolo, avevo già 26 anni. Tanti zii erano tifosi della Fiorentina, quindi vedevo anche i viola, sono le squadre della vita. Una rappresenta la città dove ho vissuto, mio nonno abitava a Piazza Alberti che è 400 metri dallo stadio di Firenze, e Napoli dove sono nato. Da bambino ero convinto che fosse logico tifare per la città dove si è nati. Quando ero piccolo ero l’unico tifoso del Napoli lì, ma poi sono venuti altri ed eravamo di più. La chiamata del Napoli mi ha emozionato”.

Il primo impatto

Primo impatto particolare per Sarri con lo spogliatoi: “Erano silenziosi, era strano. Ho detto fermi tutti, che sta succedendo. Questo lavoro deve essere un divertimento. Mi dava la sensazioni di un gruppo quasi triste e gli ripetevo questa sensazione, per me se si fa una cosa con entusiasmo c’è un valore aggiunto importante. Chi va in campo e si diverte, allora si diverte. Una squadra triste può essere applicata, ma poi perde 1-0. Poi piano piano ho visto quello che volevo. Quando becchi chi ti fa l’imitazione… Insigne sicuramente, ogni tanto urla come faccio io nell’allenamento. Urla come me, lo fa uguale, lì capisci che l’aria è cambiata. Anche gli allenatori vincenti vengono studiati dai giocatori. Dopo un paio di mesi mi sono accorto che c’era stima totale, anche se all’inizio non arrivavano i risultati.”

Higuain e ADL

Il tecnico azzurro interpellato su De Laurentiis e Higuain ha risposto così: “Solitamente molto sereno, è un presidente che ha momenti di incazzatura improvvisi, ma brevi. Dopo pochi minuti torna quello di prima. Nelle riunioni o nelle telefonate con me è sempre tranquillo e contenuto.Secondo me si migliora col lavora ma per mentalità non sono uno che dice voglio questo o quello, anche perchè sono in un club in cui non è fattibile, altri in Europa hanno fatturati molto elevati. E’ giusto che ADL salvaguardi la società”. Su Higuain invece: “Non ha mai avuto diffidenza. E’ un ragazzo particolare, ha bisogno di certe cose per rendere al meglio. Ho sempre detto che è il centravanti tipico più forte del mondo, a lui poco, ma gli chiedevo tanto in allenamento. Deve pretendere tanto da se stesso, erano più rimproveri che elogi, ma pubblicamente lo elogiavo. L’abbandono è stato un momento brutto, mi potevo aspettare la Premier, non la Juventus. Questo ha reso più pesante l’abbandono. Per un po’ non l’ho sentito, non volevo neanche sentirlo. Come un figlio che ti fa arrabbiare, lo sbraneresti per qualche giorno, ma resta un figlio. Ha fatto una scelta discutibile, ma questo non significa che non sia una persona a posto”.

 

Dal Sansovino al Real il grande salto di mister Sarri: “E’ stata dura, ma sono luoghi comuni. Si valuta una persona da piccoli particolari, non dalla persona. Io mi metto la tuta perchè faccio un lavoro da campo, mi sembra ridicolo andare sul campo col vestito da matrimonio. Poi se devo rappresentare la società metto la divisa sociale, in campo no. In questo il presidente non ha mai battuto ciglio. Ho fatto tutto a modo mio, qualcosa ho pagato perchè le etichette si pagano, ma su tanti aspetti ho avuto ragione”.

Il tecnico azzurro conclude con le critiche ricevute e il momento più alto: “Criticato, a volte giustamente altre ingiustamente, ma non condizionato. Sono fatto così, forse per questo sono arrivato in serie A a 56 anni. I 20′ col Benfica tra il 5′ ed il 25′ sono stati per me arrapanti. La libidine era per il Barcellona di Guardiola”.

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