COLPO DI TACCO – Paolo ‘Terminator-Pigna’ Montero

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‘Lo vedevo il terrore negli occhi degli avversari, quando c’era Paolo nei paraggi. Aveva una tecnica tutta sua; un primo intervento duro e diretto per far capire che area tirava dalle sue parti e poi parlava, continuamente, agli avversari, per innervosirli e puntualmente ci riusciva.’   David Trezeguet

Da Dr. Jekill a Mr. Hide, dentro e fuori dal campo, Paolo Montero, aveva un cuore tanto grande quanto la sua cattiveria agonistica.

Difensore uruguayo, con buone doti tecniche, fa il suo esordio nel Penarol, dove riesce a guadagnarsi spazio e fama, la stessa fama che attirò l’attenzione di un calcio tanto lontano dalle sue origini e dove esploderà, non solo per i trofei vinti, ovviamente.

Arriva in Italia, indossando la maglia dell’Atalanta, dove di espulsioni ne accumula ben 7 per un totale di 15 giornate di squalifica.

Non faceva sconti, da avversari a tifosi, da compagni di squadra ad allenatori, come accade per Lippi, quando nel ’92, arrivò ad allenare l’Atalanta, con l’idea chiara di spostare Montero nel ruolo di terzino, ma i conti li aveva fatti senza il suddetto, il quale senza peli sulla lingua gli fece notare, che in tribuna aveva un posto d’onore e che le prossime partite le avrebbe viste da li.

Lippi, si piegò cosi alle richieste del calciatore, conoscendo le sue doti e le sue potenzialità, che in campo gli diedero pienamente ragione, disputando una, se non addirittura la migliore, stagione della sua vita professionale.

Ma non valsero a molto le sue doti, l’Atalanta retrocesse in B e sulla panchina arrivò Guidolin, che di liti con Montero ne ha avute tante da portarli a non rivolgersi più la parola, neppure in incontri da avversari. Ma aveva la testa dura e la tenacia di un guerriero, fino a mettersi contro la sua tifoseria e la dirigenza, che lo volevano fuori dalla rosa. Arrivò a chiedere la sospensione degli stipendi solo per restare in neroblu ed ancora una volta la sua caparbietà lo premò, non solo riportando la squadra nella massima seria ma tanto da accendere una vera e propria sfida tra Inter e Juventus, per ottenere il cartellino del giocatore. Sfida vinta, però, da quest’ultima.

Indossa la maglia zebrata ed i guantoni, nella sfida contro l’Inter, sferrando un gancio che mette al tappeto Di Biagio e per il quale sconterà 3 turni di squalifica, dopo la prova tv.

Ma di ganci potenti ne ha sferrati anche, a chi, in campo, non c’era e ne sa qualcosa il fotografo del Vicenza, Cortiana, che si beccò un pugno al collo, solo perchè svolgeva il suo ruolo e Montero non si pentì di quel gesto, che gli costò una denuncia ed una causa per danni morali e patrimoniali.

Pugno di ferro e gomito d’acciao, che non tardò a mostrare, durante l’ottavo di finale di Champions League contro il Celta Vigo, colpendo al volto, il malcapitato Valerij Karpin, la Juventus giocò in 9 uomini, dopo Conte, cartellino rosso per Montero e passeggiata verso gli spogliatoi con tanto di imprecazioni e gesti, non molto carini, verso la tifoseria spagnola.

Pentimento e pubbliche scuse? Assolutamente no, un’alzata di spalle e ghigno fiero nell’attesa del prossimo intervento Killer a danni di facce, gambe e caviglie.

Ne sanno qualcosa le caviglie di Totti, in quel Roma-Juventus, per punizione e giustizia verso il gesto del Capitano giallorosso ai danni di Tudor o quelle del povero Shevchenko, nel 2003, durante la finale di Champions League contro il Milan, finale persa dai bianconeri ai rigori, per il rigore sbagliato, proprio da Montero.

E notti brave, fatte di alcol, donne e scazzottate, ad arricchire il suo curriculum. Risse, nate, soprattutto a difesa e tutela dei suoi compagni di squadra, come accadde in Grecia, con i tifosi del Panathinaikos, dopo aver insultato Zidane e diverbi e dissapori con i suoi stessi tifosi, che lo accusavano, dell’amicizia che lo legava ad ultras della tifoseria granata.

Aveva, però, un cuore grande, con dei valori nei quali credeva fermamente: l’amicizia e la lealtà.

Gli stessi valori che l’hanno portato al capezzale di Pessotto, nonostante i kilometri e che gli hanno concesso di instaurare rapporti fraterni e rispettosi con i grandi nomi del calcio internazionale e che fanno, ancora, parlare di lui e della sua umanità.

Un macigno, però, grava sulla sua storia calcistica, l’essere stato un esempio, un maestro, una sorta di guru, per uno tra i difensori più sleali e scorretti del calcio moderno: Giorgio Chiellini.

Ma è risaputo, nessuno è perfetto e lasciatemi credere, che non ascolteremo mai, Mister Ancelotti, parlare di Chiellini, come invece ha fatto nei confronti di Montero :’un galeotto mancato. Ma con un suo codice d’onore, che rispetto.’

Attualmente si sta dedicando all’attività di procuratore, probabilmente, oltre alle doti calcistiche, osserva le capacità nel tirare pugni, sferrare gomitate e la cattiveria impiegata nei tackle, per riuscire a scovare il suo degno erede.

. Stay Tuned, più sono cattivi, più ci piacciono.

Di Anna Ciccarelli

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