COLPI DI JENIUS – La sera in cui Rafa Benitez è diventato napoletano

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Lascerà Napoli, molto probabilmente, a fine stagione, ma Napoli non lascerà lui.
Ne siamo certi, ora: Rafa Benitez è diventato napoletano, una cosa non facile se in questa città non ci sei nato o cresciuto.
Dopo il fischio finale con la Juventus, davanti a microfoni e telecamere c’è andato un nuovo Rafa; ironico, irridente, sarcastico, arreso alla realtà dei fatti, ma sempre combattivo.
Il suo “Ci può stare” ha fatto il giro del Paese, grazie alle Tv, alle radio e ai social network. E a due giorni di distanza ancora se ne sente parlare.

 

MELTIN’ POT AZZURRO – Per uno che gira il mondo per mestiere, lasciarsi toccare dalle altrui culture non è poi così impossibile.
Rafa Benitez è castigliano nel cuore, ma inglese nei modi, nei gesti, nei pensieri.
L’animo da english man si impossessò di lui ai tempi di Liverpool e non l’ha più lasciato.
Ma partita dopo partita, anche Napoli s’è presa il suo posto.
Dopo averlo accolto a braccia aperte come fosse il Messia calcistico del nuovo secolo, l’allenatore spagnolo ha scovato le difficoltà e le ha indirizzate sempre a suo favore.
E la risposta ai media nel post-partita di domenica sera la dicono lunga su quello che è e che potrebbe essere il suo ruolo in città.
Se Napoli si innamorò di lui nell’estate del 2013, Benitez s’è innamorato di Napoli oggi.
Quella Napoli ardente di passione che prima del match levava al cielo un canto triste e di giubilo nei confronti di un figlio della propria terra.
Nel melting pot di Rafa si aggiunge l’azzurro: il colore del cielo, del mare, di quello che ha imparato nel suo biennio di Napoli.

 

YNWA – Le note di “Napule è” devono avergli ricordato quelle del più famoso “You’ll never walk alone”, ascoltato negli anni di Anfield.
Una melodia lenta, poco incline agli eccessi degli impianti calcistici. C’è amore, ma anche malinconia. C’è senso d’appartenenza ad una terra, ad un popolo, ad una squadra.
Rafa è diventato napoletano, e non era facile. Non esistono corsi accelerati, non esistono scuole o diplomi che possano certificarlo.
È diventato napoletano perché ne ha sentito il tifo e l’anima vibrare. Perché non ci ha messo solo la faccia come un aziendalista, le frasi fatte come un professionista, ma il cuore e il corpo per difenderla.
Sarebbe un peccato vederlo lasciare tutto al termine del campionato, è vero.
Se sarà così avremo un allenatore in meno, ma un grande napoletano in più in giro per il mondo.

 

A cura di Gennaro Arpaia (Twitter: @gennarojenius9)

 

 

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