PAQUIPEDIA – Il marito tifoso, fino ai supplementari

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a cura di Paquito Catanzaro (Twitter: @Pizzaballa81)

Novantotto, novantanove. Cento. Neanche cento colpi di spazzola sarebbero bastati più per risollevare le sorti di Luigino. Marito fedele e devoto, per carità, ma col difetto. Non equivocate. Luigino mio è tifoso. E come ogni tifoso, vive gli alti e i bassi di una storia d’amore con una squadra che lo fa sentire al settimo cielo o che gli leva il sonno e la fantasia. La settimana scorsa, ad esempio, io e lui sul divano. Un bacio, una carezza, il Napoli che vince 1-0 e io già pronta, con gli occhi sognanti. Passeggiata su via Caracciolo, cena a lume di candela in qualche bel ristorantino e una volta tornati a casa: luce soffusa, musica d’atmosfera e… che cacchio combina Aronica! Ma è quello il modo di fare un retropassaggio a 30 secondi dalla fine? Un maledettissimo gol del Torino rovinò tutti i miei piani. E a nulla sono serviti i 100 colpi di spazzola, la crema corpo al gusto di cocco, perfino la vestaglia trasparente. Niente. Luigino si stese di fianco e prese sonno ripetendo, come una preghiera «Accidesse primma a Mazzarri, e po’ Aronica».

Ma questa storia non poteva andare avanti così. Questa storia del marito che perde il desiderio ogni volta che il Napoli non vince andava risolta. Andai su internet e mi misi a cercare. Mariti adulteri, no. Allenatori del Napoli esonerati, per l’amor del cielo. Come riconquistare un marito tifoso. Regola uno: se è juventino, rivolgetevi a un bravo divorzista o chiedete al giudice il massimo della pena. In caso di tifoso del Napoli, tra parentesi “Ua’ che mazzo”, leggete attentamente e prendete appunti.

La settimana volò e finalmente arrivò la domenica. Il Napoli, dopo il brutto scivolone in casa decise di concedere il bis di figuracce, perdendo 2-0 contro il Parma. Luigino sembrava una statua di marmo, di quelle che mettono in seconda fila dentro ai musei perché hanno la faccia appesa. Neanche il tempo di sfiorargli i capelli che subito attaccò la lamentela. «Piccerella, stasera non è serata». «Ah no?» risposi io «E va bene». Il tempo di arrivare allo stereo ed ecco che dalle casse partì l’inno della Coppa dei Campioni. Quello col testo incomprensibile, ma che alla fine tutto il San Paolo urla «The Champions!». Su quelle due parole, con abile mossa tirai fuori la mia mise mozzafiato: un attillato completino del Napoli, con tanto di pantaloncini e calzerotti. Guardai Luigino e gli dissi «Che dici… riesci a tenermi testa 90 minuti?».

Un lunghissimo attimo di silenzio. Nell’istante in cui credevo di avere fatto fiasco pure stavolta, Luigino mi guardò come fosse la prima volta, e con voce suadente mi rispose «Sofia spegni la luce, che stasera ce la giochiamo fino ai supplementari».

 

 

 

 

 

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