PAQUIPEDIA – Francesco Montervino, capitano coraggioso

paquito

 

Magari il libro di Rudyard Kipling non lo avrà mai letto, ma quel titolo d’impatto “Capitani coraggiosi” lo avrà letto da qualche parte. Magari sulle pagine di un quotidiano o in uno dei tanti commenti che, nel corso degli anni, gli avranno dedicato. Anche perché, dote tecniche a parte, un calciatore come Francesco Montervino entra di diritto in quell’hit parade di beniamini azzurri che si porta nel cuore. Senza necessariamente scomodare il dio del calcio e i suoi accoliti, o quei calciatori ammantati di leggenda con la maglia azzurra. Basta annoverarlo tra quelli che hanno onorato la maglia del Napoli senz’aspettarsi nient’altro dalla propria carriera che l’affetto dei tifosi quale riconoscimento per una vita da mediano.

Uno di quelli che in un pomeriggio di fine agosto si ritrova nella hall di un centro sportivo e, tirando fuori un pallone da un portabagagli, comincia a rimettersi in forma in vista di una stagione con addosso l’azzurro pallido del Napoli Soccer. La telefonata di Pierpaolo Marino è arrivata pochi minuti prima. Non si parla di contratto, né di stipendi arretrati, né di progetti a lungo termine. Ci si deve dar da fare per entrare nella storia, anzi: riscrivere la storia del Napoli. Un nuovo corso che comincia in un assolato pomeriggio del 2004. Marino allestisce una squadra con prestiti, calciatori svincolati e ragazzi imberbi pronti a giocarsela in Lega Pro. Intanto Francesco Montervino da Taranto fa da allenatore in un campetto allestito alla bell’e meglio.

Ventura non ha ancora le idee chiare: non può parlar di moduli, non può ragionare per obiettivi, deve solo darsi da fare e tirare fuori il meglio da quei diciotto giocatori che, alla spicciolata, raggiungono il centro di allenamenti.

Montervino, intanto, è sempre lì. Corre, sgomita, arriva in tackle sul pallone e, qualche volta, non risparmia di colpire i parastinchi degli stessi compagni di squadra. In fondo quel campionato di Lega Pro andrà così: non ci sarà rispetto per la storia azzurra. Si penserà a fare punti contro la squadra più ricca e meno preparata della vecchia serie C. Si cercherà l’impresa al San Paolo davanti a sessantamila spettatori pronti a rimettersi in gioco per tentare la scalata verso la serie A.

Un diktat che si ripete ogni singolo atleta con addosso l’aderente maglia azzurra. Fa lo stesso Montervino che, nel giro di tre anni appena, con quella maglia azzurra ritorna in serie A. E gioca pure qualche partita, subentrando a partita in corsa, o togliendosi lo sfizio di scendere in campo con la fascia di capitano al braccio.

Quella che terrà conservata in un cassetto, lontana da occhi indiscreti. Il ricordo di una carriera non sensazionale forse, ma favolistica abbastanza per essere ricordato come uno di quei capitani coraggiosi che finiscono nei libri.

 

a cura di Paquito Catanzaro (Twitter: @Pizzaballa81)

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