PAPALEPAPALE – Noi non siamo baschi (e forse è meglio così)

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Scommetto che la metà di voi oggi vorrebbe essere nato, cresciuto e pasciuto a Bilbao. Ma no, altro che neoborbonici, noi non saremo mai come i baschi. Non ci provate. Non vi arrischiate neppure a cercare congruenze fra il loro attaccamento alla maglia e il nostro, non cercate di far coincidere il loro spirito identitario con il nostro. L’esercizio (sterile) del confronto può funzionare se sappiamo farci un esame di coscienza e vedere in che cosa sono davvero migliori di noi, a prescindere dai pasticciacci difensivi e dai calcimercati fallimentari. Proviamo ad approfondire un attimo la questione. Chissà, magari potrebbe aiutarci a capire che non è tutto oro quello che luccica e che l’erba del vicino non è sempre così verde. O magari no: siamo troppo delusi e arrabbiati per essere obiettivi. Dai, almeno proviamoci.

 

 

LA SQUADRA

Primo mito da sfatare: non erano più forti di noi. E’ vero, sono arrivati quarti in Liga e il Napoli terzo in Italia, ma quella squadra in biancorosso non era più forte della squadra che l’anno scorso ha fatto 12 punti in Champions, ha vinto la Coppa Italia e che ha fatto 78 (settantotto!) punti in campionato. Volete sapere chi c’era in campo quando il Napoli ha battuto l’Arsenal? C’era Rafael in porta, c’erano Maggio e Albiol in difesa e al posto di Ghoulam e Jorginho c’erano Armero e Dzemaili. Sì, la potevamo asfaltare, questa squadra che lo scorso anno ha fatto il quarto posto in Spagna ma poi è uscita ai quarti di Copa del Rey e in Europa non ci ha neanche giocato, perché l’anno prima si era piazzata dodicesima. Dodicesima! Vi immaginate il Napoli di Mazzarri che arriva dietro Cagliari e Chievo?

 

 

IL DOPPIO CONFRONTO

Il problema quindi non è stato certo sul piano tecnico. Se c’era una vittima sacrificale erano loro, non certo il Napoli. L’errore sta nell’approccio mentale al doppio appuntamento, nelle scelte tecnico-tattiche, nell’indugio su uomini che sono ormai bolliti o palesemente satolli. Di questo dovrà rendere conto Benìtez, che comunque non può essere visto come unico capro espiatorio di questa disfatta. Il mercato latita ed è vero, in questi giorni i (sacrosanti) processi a DeLa e Bigon si sprecheranno. Ma sapete chi ha comprato l’Athletic in questa sessione? Arrizabalaga, Bustinza, Lòpez, Aketxe e Viguera. Provate a guardare i tabellini delle gare e vedete dove li trovate. Gli unici titolari di quest’anno sono Balenziaga e Rico e li ha presi un anno fa, tutto il resto è un’ossatura costruita negli anni, con lungimiranza e pazienza, dopo aver ceduto negli anni gli elementi migliori all’estero o al duopolio Real-Barça. Ecco, appunto, la pazienza. Immaginate se De Laurentiis in due anni avesse venduto i talenti, magari alla Juve, prendendo D’Ambrosio e Nocerino, presentandosi poi in questa sessione con Sepe, Izzo, Ciano e Insigne Jr. Di cosa staremmo parlando adesso?

 

 

DODICI LEONI

Ecco perché non ci dovete neppure provare. L’Athletic Bilbao non è una squadra, è un agglomerato di fanatici dediti alla loro causa senza se e senza ma, nel bene e nel male, con tutte le implicazioni del caso. Al San Paolo erano in 200, io li avevo a poche decine di metri e posso garantirvi che non hanno mai smesso di cantare, mai, nonostante i fischi e gli insulti provenienti dal resto dello stadio. Peggio ancora al San Mamès, dove i due terzi sono abbonati (45mila su 70mila!) e sono entrati gratis, grazie ad un colpo da maestro della società. Il famoso dodicesimo uomo in campo da loro ha applaudito e incitato sempre, anche sullo 0-1, mentre a Napoli ha iniziato a mugugnare fin dal primo minuto e poi fischiare, incredibilmente, fischiare una squadra che ha appena chiuso una stagione trionfale, solo per un paio di acquisti sbagliati o mai arrivati. La verità è che il Napoli ha giocato due partite fuori casa, cosa che ha inciso non poco sull’esito finale, e questo perché il presidente non ha inseguito chimere giornalistiche come Mascherano, Vermaelen e tanti altri nomi spesso inventati dai media per “vendere copie”, mentre a Bilbao c’era qualcuno che sopravviveva anche al (neanche tanto) burrascoso addio di Llorente a parametro zero. Ecco, anche la categoria dei giornalisti ha le proprie colpe, perché il processo è sempre all’ordine del giorno, spesso su questioni imposte a monte da chi poi le giudica, paradosso dei paradossi.

 

E’ stata una batosta sonora, sconvolgente, che lascerà l’eco per tantissimo tempo. Ma non ci nascondiamo dietro un dito: la colpa è di tutti, dai tifosi ai giornalisti, dalla dirigenza allo staff tecnico passando per i calciatori. Sì, anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti, e questa guerra non fa bene a nessuno. Facciamo uno sforzo, ricompattiamoci e facciamo che sia l’occasione per un esame di coscienza collettivo, che sia un punto di partenza anziché un punto di rottura. In fondo il mercato può riservare ancora delle sorprese, la squadra con gli stimoli giusti può giocarsela con tutte sia in campionato che in Europa League, mentre in Champions sarebbe stato un po’ più difficile. E dimentichiamo ‘sto benedetto Bilbao. Non siamo baschi e non lo saremo mai, perché non resisteremmo neanche cinque minuti. Ma poi, diciamoci la verità, siamo proprio sicuri di volerlo essere?

 

 

Di AntonioPapa (Twitter @antoniopapapapa – DaiCalcio @papalepapale)

 

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