Le contraddizioni della difesa azzurra: quando i numeri non spiegano proprio tutto

 

di Nicola Lo Conte

 

547 minuti di imbattibilità in campionato, interrotti dalla rete di Zaccardo di domenica scorsa, e quarta difesa del torneo con 25 reti al passivo. A guardare queste due statistiche, sembrerebbe esserci ben poco da eccepire sulla bontà del pacchetto arretrato guidato da De Sanctis, risultato oltretutto nella scorsa annata il migliore dopo quello del Milan campione d’Italia. Non però per chi segue con attenzione tutte le gare del Napoli: agli osservatori più acuti non sarà sicuramente sfuggito come in realtà la squadra in fase passiva appaia in sofferenza più del dovuto, e in alcuni momenti rischi costante di strafalcioni che potrebbero costare molto cari e ai quali non sempre il portierone azzurro può mettere una pezza. Facile in tal senso riportare la mente al gol praticamente regalato al Chelsea, alle molteplici occasioni fallite dagli attaccanti del Parma o a quelle concesse al Milan pur in superiorità numerica. Vien naturale chiedersi il perché di tutto questo. Le risposte possono essere di tre ordini: mentale, tecnico e tattico.

 

Riguardo l’aspetto mentale, è fin troppo evidente che, quando il Napoli è concentrato in tutti i suoi effettivi, concede poco o niente ai propri avversari, e lo dimostrano più di qualsiasi commento le prestazioni di alto livello fornite dai singoli e dal collettivo in Champion’s League. Viceversa, quando la tensione cala, l’errore è sempre dietro l’angolo, vedasi l’espulsione di Aronica che rimise in partita l’Inter. Dal punto di vista tecnico, in effetti, sappiamo tutti che la retroguardia azzurra non è composta da fenomeni, ma perlopiù da onesti mestieranti, i quali non hanno quarti di nobiltà calcistica e sanno di dover sopperire con l’applicazione feroce, anche perché facilmente attaccabili, sia con che senza palla, vista una certa loro staticità (eccezion fatta per il solo Grava, che però si avvia alle trentacinque primavere). Qui subentra la problematica di carattere tattico: la fase difensiva è molto più efficace se il centrocampo copre bene il trio alle proprie spalle non abbandonandolo a sé stesso, e non a caso gli sbandamenti più clamorosi si sono registrati quando è venuta meno la funzione di filtro nella zona nevralgica del campo. Anche in questo senso vanno letti probabilmente i correttivi delle ultime partite apportati da Mazzarri, con l’arretramento di Hamsik a supporto della mediana in versione di regista basso, dato che la coppia centrale, specialmente con Inler in difficoltà nel gestire le due fasi, risultava troppo esposta malgrado il costante lavoro di raddoppio degli esterni, ripercuotendosi ciò anche sulla terza linea.

 

Nonostante ciò, tuttavia, anche a Parma i meccanismi hanno lasciato intravedere delle crepe, anche se parzialmente giustificabili con l’assestamento dovuto alla doppia sostituzione di Britos e Grava nella prima mezz’ora. Sono auspicabili ulteriori miglioramenti, in vista della fase cruciale della stagione in cui il Napoli dovrà dare la stretta finale su tutti gli obiettivi: una difesa impermeabile, o quasi, sarebbe sicuramente d’aiuto.

 

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