Editoriale – La morte è soggettiva

 

di AntonioPapa

 

 

E’ morto Pier Mario Morosini. Probabilmente sono l’ultimo giornalista a dare questa notizia in Italia, forse l’ultimo al mondo. In realtà non è che un pretesto per una riflessione sul social-cordoglio che tanto scandalizza gli internauti più “scaltri”. O almeno così si sentono loro.

 

È morto Pier Mario Morosini ed è vero che il 95% delle persone che lo piangono non l’avevano mai sentito nominare. Non per questo qualcuno può sentirsi in diritto di ironizzare sul dolore (riflesso, va bene) di chi ancora resta basito di fronte alla morte di un ragazzo di 25 anni. Non era un nostro parente, non era un soldato né un ultrà, e non era neanche un bambino africano che muore ogni giorno. E allora? Non si può davvero pensare di decidere anche per chi deve piangere il popolo, sarebbe qualunquista almeno quanto esclamare che la gente guarda i film dei Vanzina anziché Pasolini o legge Moccia anziché Dostoevskij. Cari ragazzi, questo è davvero banale. Sentirsi migliori degli altri solo perché si aderisce ad una massa differente è forse anche più triste di chi fa parte del “mainstream” senza farsi neppure una domanda. La gara del lutto poi è la cosa più patetica che ci sia al mondo: ora tutti tristi, quando morì tizio nessuno disse una parola. Che senso ha? È come pretendere che io sia colpito dalla morte di un mio caro allo stesso modo di quella del mio salumiere. La morte è soggettiva, ognuno soffre per ciò che gli pare, quando gli pare e come gli pare. E nessun altro ha il diritto di dire una sola parola a riguardo. Almeno in questo ci vorrebbe una briciola di rispetto.

 

È morto Pier Mario Morosini e ora sono inevitabili i confronti, discussioni inutili sull’opportunità di rinviare o meno le partite. È stato giusto così, punto e basta. È stato giusto perché i calciatori sono ovviamente sconvolti per quanto accaduto ad un loro collega, perché fra loro si rispettano e vogliono giustamente onorare la memoria di un ragazzo che non è stato fortunato come loro. È un sacrosanto diritto di chi scende in campo farlo nelle condizioni migliori: la soggettività della morte vale per tutti, anche per chi fa parte di uno show che regala momenti di svago alle nostre altrimenti tristi domeniche. Probabilmente è proprio per questo che siamo così sconvolti, perché Morosini era uno dei tanti amici dei nostri weekend calcistici. Magari non il più grande dei protagonisti ma pur sempre uno di noi. Ora lasciamolo riposare in pace. E che nessuno si azzardi a dire che è una richiesta banale.

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