Continua il testa a testa tra Maradona e il Fisco

La partita continua. E tra Maradona e il Fisco – ovvero tra i legali dell’ex campione e quelli dell’Agenzia delle Entrate e di Equitalia – a tratti il gioco è stato anche pesante, duro, al limite del diritto e della norma. Commissione tributaria provinciale di Napoli. Sezione 17. Ore undici. Quello di Maradona è il ricorso numero 21, l’ultimo di giornata. Ma la stanza è troppo piccola per ospitare tutti e allora si trasloca un po’ più in là. Un confronto spigoloso, serrato, lungo due ore e passa tra le parti. Si discute, si replica, si puntualizza, si mette a verbale e le posizioni sono chiare: per la difesa di Diego Maradona (il professore Angelo Scala, l’avvocato Angelo Pisani e da ieri anche gli avvocati Manfredi e Lionello Manfredonia) il loro assistito non è un evasore e non deve nulla al Fisco per vizi nella notifica delle cartelle esattoriali; per l’esistenza di sentenze, non definitive però, che hanno già liberato dalla stessa ipotesi di debito gli ex azzurri Careca ed Alemao ed anche il Napoli di allora (dopo quindici anni se riparlerà in Commissione centrale il 7 luglio); per l’adesione di quel Napoli ad un condono, nel 2003, che comunque sia avrebbe messo fine ad ogni lite pendente con l’Erario.

Di tutt’altro avviso gli avvocati dell’Agenzia delle Entrate e di Equitalia, secondo i quali Maradona è un evasore e deve pagare, euro più euro meno, 40 milioni, mentre deve restar fuori dalla discussione tutto ciò che non faccia già parte del ricorso. E quanto inserito nel ricorso – ribadiscono – è stato già dibattuto e giudicato. Tant’è che a favore del Fisco s’è pronunciata anche la Cassazione. Insomma, sintetizzando, per Equitalia ed Agenzia, l’azione dei difensori di Diego Maradona altro non sarebbe che una inutile ripetizione di un percorso già compiuto. Zero a zero, dunque e palla che passa alla Commissione tributaria. Un compito non semplice quello del presidente Annunziata e degli avvocati Giuseppina Di Pastena (relatrice) e Vittorio Torino, non solo per il nome del “ricorrente”, ma anche per i riflessi che la loro decisione – in un senso o nell’altro – potrebbe avere su mille altre controversie tra Stato e cittadini.

Corriere dello Sport

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