ESCLUSIVA – Massimo Burgada: “Vi racconto il mio amico Carmelo, un uomo semplice ma speciale”

Massimo Burgada con suo figlio e Carmelo Imbriani (al centro)

 

di AntonioPapa (Twitter: @antoniopapapapa)

 

Non è facile accettare che un calciatore, un allenatore con una brillante carriera davanti ci abbia lasciati così presto, a 37 anni appena compiuti. E’ maledettamente difficile per chi Imbriani lo ha visto giocare, lo ha ammirato e gli ha voluto bene come un pezzo di cuore di un amore più grande, il Napoli. Possiamo soltanto immaginare quanto possa essere doloroso per chi non solo ha apprezzato Imbriani, ma ha anche conosciuto Carmelo. Il ragazzo, l’uomo. Mi piace pensare di conoscerlo un po’ anch’io, dopo aver avuto una lunga e bella chiacchierata con Massimo Burgada, comico e attore napoletano noto per le sue apparizioni a ‘La sai l’ultima?’ e ‘Un posto al sole’, ma soprattutto suo grande amico. Vi consiglio di leggere il racconto di Massimo, chiuderete questa pagina con un pizzico di dolore in più, ma con un sorriso sulle labbra.

 

Caro Massimo, di Imbriani sappiamo praticamente tutto. Ci racconti qualcosa di Carmelo?

“Vi siete persi veramente tanto, io mi ritengo orgoglioso anche solo per essere stato nelle sue grazie. L’ho conosciuto nel 2000: vado a fare uno spettacolo vicino Benevento, a Montesarchio, e alla fine della performance mi avvicina questo ragazzino di 24-25 anni che si complimenta e si presenta: era Carmelo Imbriani. Facciamo amicizia e ci scambiamo i numeri di telefono. Non mi aspettavo che mi chiamasse, invece mi chiama e mi invita a casa sua a pranzo. Questo per rendervi l’idea di quanto fosse una persona semplice. Ho conosciuto anche la famiglia: come si dice, tale padre tale figlio. Anche il padre è una persona di una dolcezza e bontà indescrivibili, mi hanno sempre fatto sentire uno di loro. Sono persone fantastiche, sono vicino a loro in questo momento terribile”.

 

Un aneddoto legato a lui che ricordi con piacere?

“Ricordo le cene a casa sua a Ceppaloni e quelle a casa mia a Napoli, con relative passeggiate in centro. Gli piaceva giocare con mio figlio alla Playstation, era un ragazzo tutto casa e calcio, viveva solo per questo. Di lui posso dire che non è mai andato fuori dai binari, mai una parola fuori posto, mai un vaffanculo. Una persona dolcissima, buona, un ragazzo come ormai ce ne sono pochi. Sentite questa: un giorno mio figlio si ruppe il menisco; Carmelo senza che io dicessi niente mi chiamò e mi disse ‘ti porto io da un medico che conosco’. Era il dottor De Nicola (medico sociale del Napoli, ndr), che rimise in piedi mio figlio nel giro di un paio di settimane”.

 

Un uomo speciale, insomma. 

“Assolutamente sì. Lo sai che quando qualcuno ci lascia tendiamo soltanto a ricordare le cose belle di lui. In questo caso non poteva essere altrimenti. Ho partecipato al suo matrimonio, lui e Pino Taglialatela sono venuti con entusiasmo alla festa dei miei 50 anni, una festicciola per pochi intimi, senza mai sentirsi superstar. Ecco, era questo che mi piaceva di più di lui: conosceva Totti, conosceva Lippi e poi conosceva Massimo Burgada e Giggino il meccanico. Lui trattava tutti allo stesso modo, per lui tutti gli uomini valevano 100”. 

 

Avete mai parlato del suo periodo a Napoli? Che ricordo ne conservava?

“Non approfondivamo molto argomenti calcistici, per me era solo Carmelo. Ma quando ci trovavamo a parlare mi raccontava spesso dell’orgoglio di quando Boskov preferì lui ad Inzaghi. Gli chiedevo di cosa si prova a sentire il boato del San Paolo, lui rispondeva sempre con un sorriso, con quella semplicità disarmante: ‘e che t”o ddico a ffà’. Del Napoli ne parlavamo come possono parlarne due amici al bar. La squadra e la città sono sempre rimaste nel suo cuore, come Benevento. Un episodio che sua zia Sandra (moglie di Clemente Mastella, ndr) ricorda spesso è quando lo vedeva partire per Napoli, con una valigia più grande di lui e un sorriso grande così stampato in faccia. E negli occhi”.

 

Come ha affrontato gli ultimi momenti, i più difficili di tutti?

“Negli ultimi tempi ci frequentavamo poco, purtroppo gli impegni a volte ti allontanano dagli amici. Ma ci sentivamo di tanto in tanto, sempre con la promessa di vederci. Un giorno torno da lavoro e leggo questa notizia terribile, l’intervista a Pino Taglialatela che parla della malattia di Carmelo. E’ stata una doccia fredda. Ho provato più volte a chiamarlo, ma ovviamente non aveva molta voglia di parlare. Però quando ci riuscivo lo trovavo allegro e gioviale come sempre. Mi ha fatto male l’ultima volta che abbiamo parlato, perché mi ha detto scherzando ‘è l’ultima volta che ci sentiamo’. Gli ho risposto che non doveva dirlo neanche, e invece purtroppo è stato così. Lui ha combattuto fino alla fine, per sua moglie Valeria e le sue figliolette. Ma purtroppo la vita è così, ci sono partite che non si riescono a vincere neanche se corri con tutte le tue forze”.

 

Tu eri al ‘Vigorito’ di Benevento, sul campo, a portare il feretro insieme agli amici. Ci racconti quei momenti?

“Sono emozioni difficili da descrivere, esperienze che ti segnano per la vita. Lo stadio pieno, la curva stracolma, con un silenzio irreale, indescrivibile, non volava una mosca. Poi quello scroscio di applausi quando arriviamo a centrocampo, e la bara che scende sul dischetto del rigore, quasi a simboleggiare quest’ultimo penalty che Carmelo non è riuscito a tirare. Infine quel grido all’unisono ‘Carmelo’, quasi come fosse una madre che prova a svegliare suo figlio. Vorrei ringraziare i tifosi del Benevento che lo hanno onorato come un re. Non ho parole per loro, una cosa davvero emozionante. Credo che Carmelo fosse lì, avrà fatto il suo consueto giro di campo per applaudire i tifosi. Ora spero che gli sia intitolato lo stadio insieme al suo grande amico Vigorito; sarebbe un modo per rivederli finalmente insieme. Io gli ho fatto un ultimo regalo: la sciarpa del Napoli che gli diedi quando mi regalò la sua maglia numero 7 del Benevento, che conservo come un tesoro. Continuo a guardarla e a ripetermi che non può essere vero”.

 

E il resto d’Italia, come lo ha salutato secondo te?

“Molto bello il saluto dello stadio San Paolo, hanno saputo onorarlo come si deve. Idem il Genoa, che è gemellato col Napoli e quindi ha voluto salutarlo come meritava. Un po’ meno gli altri, la Lega ha perso un’occasione di fare qualcosa di bello. Cosa costava tributare a un suo tesserato il giusto rispetto?”.  

 

E poi ci sono i veronesi…

“Gente inqualificabile, la dimostrazione che questo mondo non è per i buoni (IL TERRIBILE GESTO DEI VERONESI). Sono esseri abietti, senza cuore, che non rispettano neanche il dolore di una famiglia perbene e splendida come gli Imbriani. Io dico sempre che questa terra per noi è un Purgatorio, e forse per questo un po’ lo invidio. Perché Carmelo ha lasciato questo mondo brutto e ha raggiunto il Paradiso. Spero di reincontrarlo, ma la vedo difficile. A lui sarà stato riservato sicuramente un posto più in alto rispetto a me”.

 

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