EDITORIALE – I tre baci a Giulietta, l’urlo di Lorenzo, i record di Rafa. Le prime tre non perdono un colpo

di Gennaro Arpaia (Twitter: J3nius9)

Rafa Benitez deve aver fatto ascoltare ai suoi giocatori “Romeo and Juliet” dei Dire Straits prima di scendere in campo, quando dall’albergo, scortati dalla polizia, gli azzurri sono arrivati al Bentegodi per chiudere questo girone d’andata.
Tutti, nel prepartita, avevano fatto notare all’allenatore spagnolo come Verona-Napoli non fosse mai una partita come le altre: d’altronde, uno che ha giocato e vinto numerose volte il derby di Liverpool, tra Reds ed Everton, ha capito facilmente la situazione.

Nel chiassoso Bentegodi s’è vista, forse più di tutte le altre volte, la differenza di questa squadra con quella degli scorsi anni.
Ha incassato le sfuriate iniziali, di un Verona prepotente e capace in mezzo al campo, con il 4-3-3 mandorliniano in cui (postilla per il mercato) si erge a gran protagonista Jorginho, ma non è crollata, ha rialzato la testa e colpito con qualità e quantità.
Dopo il gol del vantaggio il furore dei padroni di casa s’è spento, così come la rabbia, ingiustificata e sempre oltre il limite, di buona parte della tifoseria.
L’aveva disegnata così, Rafa: loro attaccano, noi segnamo, e tutte le loro sicurezze evaporano nella nebbiolina che accompagna l’imbrunire veneto.

La sagace arguzia dello spagnolo ha messo in crisi qualsiasi piano tattico.
Sorprende, in particolar modo, la prestazione della retroguardia, già imbattuta nell’esordio annuale contro la Samp, ed inespugnata anche stasera.
Albiol ha bisogno di rifiatare, ma la differenza la farebbe anche con un polmone solo, Fernandez stupisce per continuità, Rafael per la prima volta non fa pensare ai tifosi “Ma Reina quando torna?”
La nota più lieta è però Maggio, che con la fascia di capitano ritrova le prestazioni di un tempo, dimostrando quello che Lavoisier sosteneva già trecento anni fa: nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma, e Maggio si sta piano piano trasformando in quel che Benitez vuole.
Tatticamente non cambia nulla, psicologicamente si: è proprio Maggio a servire ad Insigne il raddoppio, un boato del giovane azzurro che rompe gli equilibri, e finalmente fa abbozzare un sorriso.
Il terzo bacio di dama è un attimo, e permette a Benitez di sperimentare: rifiatano Higuain e Inler, entra in campo Radosevic e Britos, trasformando il 4-2-3-1 azzurro in un neanche tanto velato 3-4-3.

Esperimenti in vista della Coppa Italia?
Può darsi, e in settimana potremo vedere all’opera chi ha giocato meno, far rifiatare chi non rifiata mai, regalare minuti al recupero di Marek Hamsik.
Nonostante le contemporanee vittorie di Juve e Roma, dal Bentegodi Benitez ne esce con un sorriso: nessun allenatore al primo anno di Napoli aveva chiuso con 42 punti il girone d’andata.
Un record, un altro, di una squadra che non può che migliorare.
In tempo di mercato, poi, la speranza è l’ultima a morire.

 

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