EDITORIALE – Un pomeriggio all’insegna della B. Il Dall’Ara lascia un nodo in gola

di Gennaro Arpaia (Twitter: J3nius9)

B di Bologna, la città e la squadra che ospitavano questo primo turno di ritorno del Napoli di Benitez nel 2014.
B come la categoria che la squadra di casa cerca di evitare, vogliosa e affamata di punti, con un nuovo allenatore, B come Ballardini, che dovrà traghettarli sino alla salvezza.
B come bagnati, perché il cielo emiliano non ne voleva smettere di lasciar cadere acqua.
E ancora B come beffati, da B come Bianchi, come i giocatori del Napoli che, all’ultimo minuto, perdono dalle tasche due punti che sarebbero serviti eccome.

Parte forte il Bologna nel primo tempo, con la squadra rossoblù arroccata in quel 4-5-1 che non prevede, però, solo difesa. Il pressing, tanto, è quello che ostruisce le vie di pensiero del Napoli, timido, quasi impaurito, per tutti i primi quarantacinque minuti di gioco.
Ballardini sceglie Bianchi di punta, scelta che si rivelerà decisiva, con a supporto un Diamanti che inventa gioco e un centrocampo fitto, con Pazienza, Kone e Perez a distruggere le idee avversarie.
Benitez risponde con Higuain supportato dal trio Callejòn, Mertens, Pandev, con Inler e Dzemaili obbligati, e con ancora Reveillere al posto di Armero a sinistra.
Hamsik e Insigne in panca, dove si rivede anche Paolo Cannavaro.

La scarsa abilità a creare gioco degli azzurri favorisce le giocate dei padroni di casa che, dopo un po’ di errori, trovano nell’uno contro uno Bianchi-Albiol il vantaggio, col primo che si libera del secondo e va di testa. Rafael non può nulla.
così come nulla sembra potere la squadra di Benitez, svogliata, imprecisa, incapace di rispondere nel carattere prima ancora che sul campo.

Benedetto fu l’intervallo, con le squadre negli spogliatoi e le idee da chiarire.
L’inerzia, però, cambia quando Dzemaili si fa stendere al limite dell’area da un ingenuo, e nervoso, Kone, con un rigore trasformato da Higuain che cambia le carte in tavola.
Nel Napoli è entrato Hamsik, finalmente presente anche in campionato, e il 4-2-3-1 iniziale si trasforma sempre più in 4-3-3, con lo slovacco che parte da lontano, si abbassa, si sposta, cerca di crearsi lo spazio giusto.
Quello che, in contropiede, si crea nell’occasione del secondo gol azzurro, espressione di tutte le potenzialità dell’attacco: in sette secondi coast to coast da centrocampo, servizio per Higuain, che vede Callejòn, che vede la porta.

La sconfitta, però, sembra una punizione troppo grande per un Bologna che, per larghi tratti, ha meritato quantomeno il pari.
Gli azzurri sbagliano con l’eccessivo possesso palla negli ultimi minuti di gara, Benitez (forse) sbaglia a togliere dal campo il sempre positivo Mertens per inserire Insigne e non un difensore, che avrebbe fatto molto comodo.
Tant’è che Kone si fa espellere, ma gli dei del calcio regalano ai padroni di casa l’ultima possibilità in pieno recupero, con l’angolo su cui tutta la retroguardia azzurra dimentica un redivivo Bianchi, lesto a siglare il pari finale.

Due punti che bruciano, anche se una vittoria sarebbe stato forse un premio eccessivo per quanto visto in campo.
Ma un passo indietro, soprattutto, nel modo di pensare, giocare, reagire, che si era visto a Verona sette giorni fa.
Il treno Scudetto è partito, quello Champions si può ovviamente ancora prendere.
Nel frattempo è arrivato Jorginho. Se si sbriga qualcun altro, il treno lo si prende in tempo.

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