SHOWTIME – San Paolo, se lo (ri)costruisci, loro verranno

Field of Dreams

Uno dei film più noti di Kevin Costner, almeno negli USA, e conosciuto da noi come tappabuchi targato Mediaset delle tanto odiate e noiose domeniche pomeriggio, è L’uomo dei sogni. Costner, alias Ray Kinsella, inizia a costruire un campo regolamentare di baseball nel bel mezzo della campagna dell’Iowa, seguendo le istruzioni di una voce, la quale continua a ripetergli: “Se lo costruisci, lui tornerà”. Lottando per non sembrare un folle, soprattutto ai propri occhi, alla fine Kevin riuscirà a ritrovare suo padre tra i fantasmi della storica formazione dei White Sox.

Seguendo una voce, possibilmente quella della ragione, anche il Napoli dovrebbe iniziare a costruire qualcosa, uno stadio di ultima generazione, o che quantomeno possa sembrare appartenente al 21esimo secolo. Aprendo le porte al pubblico, nazionale o internazionale che sia, il San Paolo evidenzia costantemente tutti i suoi limiti, offrendo un’esperienza sotto molti aspetti tremenda. La cura dell’igiene è relegata agli spogliatoi, ai quali però è vietato l’accesso a tutti i tifosi strepitanti sugli spalti. La sola idea di parcheggiare nello spazio sottostante la struttura, ormai simile a un set da film horror, è pura follia. Ogni gara infatti costringe Fuorigrotta a subire il caos di costanti ingorghi, rumori assordati, concerti mononota a base di clacson e competizioni improvvisate di parcheggio selvaggio. Volendo sorvolare sui ritardi della linea ferroviaria, la metropolitana sarebbe di certo la scelta migliore. Più economica e salutare (evitando lo stress di code prive di una fine). Il problema però si pone qualora qualche sciagurato tifoso avesse anche voglia di far ritorno a casa sfruttando lo stesso mezzo. L’ultimo treno attraversa i binari indicativamente alle ore 22.00, mentre un incontro serale termina, indicativamente, alle ore 22.30. La matematica non è il mio forte, e dunque lascio i complessi calcoli a voi. A meno che non si decida di adibire il San Paolo a motel nelle ore notturne, questo lieve dettaglio rappresenta la ciliegina su una torta ormai ammuffita.

Il San Paolo non è inoltre visitabile, non ha uno store aperto al di fuori delle fasce orarie in cui è previsto un incontro, non ha sicurezza (se non quella composta da ragazzini mal pagati e poco vogliosi di affrontare una masnada spesso inferocita) e manca di tabelloni elettronici e ogni altra innovazione dell’ultimo decennio (non forzatamente tecnologica) che possa far accumulare ulteriori entrare, come skybox e corporate hospitality.

In questo modo si continua a perdere entrate economiche e a far calare l’appeal del marchio Napoli, gettando al vento le potenzialità del vasto bacino d’utenza azzurro. Poco importa di chi sia la colpa e, appurata l’impossibilità di un accordo conveniente e duraturo tra società e comune, sembra ormai rimasta un’unica opzione valida al presidente De Laurentiis, affidarsi alla stessa voce che ha portato Costner verso il suo ennesimo lieto fine: “Se lo costruisci, loro torneranno”.

È vero che la frase è stata leggermente modificata, ma ciò che conta è il concetto di base. Al Napoli serve uno stadio nuovo. Ciò non vuol dire abbattere lo storico San Paolo (o forse sì), ma soltanto trovare una soluzione definitiva. Se il Comune non è in grado di comprendere che quella che esercita al momento è tutt’altro che una buona gestione dell’impianto, gli si lasci pure questa enorme falla nei conti pubblici, donando al tifo azzurro una struttura moderna di cui andare orgogliosi (e che magari non corra il rischio ogni anno di non essere autorizzata ad ospitare incontri di manifestazioni Uefa).

Oltre a riportare un folto pubblico allo stadio (e non unicamente in occasione dei match di cartello), una struttura che segua parametri inglesi, spagnoli o tedeschi avrebbe di certo consentito, attraverso svariati introiti, di trattenere campioni ancora oggi rimpianti dalla piazza, e di certo permetterebbe all’età aureliana del calcio Napoli di fare il definitivo salto di qualità, sfiorato soltanto da Maradona e soci, per poi essere del tutto sotterrato da anni di inoperosità. Napoli sente di essere una meta e non solo tappa di passaggio, ma ciò non basta. Sponsor, campioni, pubblico, Aurelio, se lo costruisci, loro torneranno.

di Luca Incoronato (Twitter: _n3ssuno_)

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