Dino Panzanato e il calcio che non c’è più

paquito

 

 

«Nome?»

«Dino»

«Diminutivo di?»

«Nessuno»

«Non sapevo che, a parte Omero, esistessero genitori così originali da chiamare un figlio Nessuno»

«Ma cos’ha capito? Intendevo dire che Dino è il mio nome»

«Cognome»

«Panzanato»

«Mi prende in giro?»

«In merito a cosa?»

«Le ho chiesto il cognome»

«Eh…»

«E lei mi ha risposto Panzanato»

«Eh!»

«Si diverte a prendermi in giro?»

«Guardi sul documento di identità»

«Panzanato… Dino. È vero»

«Glielo stavo dicendo»

«Mi scusi, ho dubitato della sua parola»

«Tranquillo. Lo fanno in tanti»

«A dubitare della sua parola?»

«No, a credere che Panzanato non sia un cognome»

«Invece lo è»

«E già»

«Professione»

«Ex calciatore»

«Perché ex?»

«Perché ho 78 anni, le vene varicose e un bel po’ di artrite»

«Dunque non gioca più?»

«Ci ho provato, ma dopo che Cristiano Ronaldo mi è sfuggito per la ventunesima volta ho lasciato perdere»

«E cosa fa adesso?»

«Curo l’orto, guardo la tv, gioco a tressette con gli amici. Due volte a settimana vado a prendere i miei nipoti a scuola»

«Invece prima giocava a calcio…»

«Eh sì»

«Ruolo?»

«Difensore»

«Centrale o di fascia?»

«Stopper»

«Cos’è uno stopper?»

«Ai miei tempi si utilizzava quella parola»

«Che strana parola»

«E deve sentire le altre: fluidificante, libero, mezz’ala, ala tornante»

«Si fermi, mi sta venendo il mal di testa. Mi diceva che lei era uno stopper. E dove ha giocato?»

«Dopo il debutto col Mestrina me ne sono andato al Lanerossi Vicenza»

«Ha ripreso a sfottere?»

«Ai miei tempi si chiamava così»

«Giusto. Il periodo è quello delle guerre puniche?»

«Faccia poco lo spiritoso caro intervistatore. Il Vicenza di quegli anni aveva un nome più altisonante e ambizioni ben diverse da quelle di oggi»

«Torniamo a noi. Dopo il Lanerossi Vicenza?»

«Inter, Modena e infine Napoli»

«C’è un Panzanato che ha giocato nel Napoli?»

«Per circa 10 anni»

«Riserva di qualcuno?»

«A dire il vero quasi sempre titolare. Tranne nel ‘68 quando persi metà campionato per una squalifica»

«Un rivoluzionario anche lei?»

«No, solo un incavolato che difese un compagno di squadra»

«Racconti…»

«Sivori provocò i calciatori della Juve. Non ricordo bene il motivo. Sa, l’età gioca brutti scherzi. Però ricordo che ce le siamo dati di santa ragione e io beccai 9 giornate di squalifica a testa»

«Nove giornate? E che ha combinato?»

«E chi se lo ricordo. Colpivo tutto ciò che si muoveva»

«E poi?»

«E poi niente. Dopo 9 giornate sono tornato in campo»

«Ah, niente di che. Ho giocato a Latina e mi sono ritirato»

«A fare il nonno e a curare l’orto?»

«No. Ho terminato la carriera di calciatore e ho cominciato ad allenare»

«Ha vinto qualche scudetto da allenatore?»

«Macché. Ha stento ho allenato tra i professionisti. Però mi sono divertito»

«Le manca il calcio?»

«Qualche anno fa t’avrei detto di sì. Adesso è diverso»

«In che senso?»

«Troppi soldi. Il calcio non è più uno sport, anzi un gioco, ma è diventato un lavoro come tanti. Banale e troppo retribuito»

«Il calcio è anche questo: popolarità e business»

«T’avesse sentito qualche mio vecchio allenatore ti prendeva a randellate. Il calcio è ben altro, giovanotto»

«E cosa sarebbe?»

«Qualcosa che ti fa tornare a casa senza voce. Che ti fa bastare un panino nello stomaco per le 12 ore successive all’arrivo allo stadio. Che ti fa imprecare per un gol subito e ti porta a offrire il caffè ad un intero ufficio in caso di scudetto»

«Belle frasi. Forse un po’ demodé»

«Ho quasi ottant’anni, non lo dimentichi»

«E si chiama Panzanato»

«Già. Mi chiamo Dino Panzanato»

«Ma se cercassi su wikipedia?»

«Troverebbe scritto tutto. E troverebbe anche una mia bella foto degli anni 70»

«La sto guardando. Non mi dirà che ha ancora tutti quei capelli»

«Buona parte. Anche se sono bianchi»

«E picchia ancora come un tempo»

«Artrite permettendo, credo che ci riuscirei»

«È stato davvero un piacere parlare con lei caro Panzanato Dino»

«Anche per me. Pure se non mi ha detto chi è»

«Sono l’addetto al pagamento delle pensioni di questo ufficio postale. Metta una firma qui, in basso a destra»

«È l’assegno di questo mese?»

«No. È il suo autografo che vorrei conservare gelosamente. L’accredito le arriva dopodomani direttamente in conto»

«Grazie giovanotto. Buona giornata»

«Buona giornata a lei Panzanato. E forza Napoli»

«Sempre».

 

A cura di Paquito Catanzaro (Twitter: @pizzaballa83)

 

 

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