3 maggio 2016: fra ‘Ciro Vive’ e assurdità romane, la tragedia di Ciro Esposito due anni dopo

Antonella Leardi con i De Laurentiis © Getty Images
Antonella Leardi con i De Laurentiis © Getty Images

 

Tre maggio 2014. Sono passati due anni esatti da quella sera, quando il Napoli vinse la sua ultima Tim Cup. Eppure quel giorno non lo ricordiamo certo per quel trofeo, primo alloro di Rafa Benitez sulla panchina azzurra. No, purtroppo oggi non ricorre l’anniversario della quinta Coppa Italia, perché quella sera del risultato sportivo improvvisamente non fregava più niente a nessuno. Quella sera, qualche ora prima che Hamsik alzasse al cielo la Coppa, un ragazzo fu ferito da un colpo di pistola a qualche isolato dallo stadio Olimpico. Quel ragazzo si chiamava Ciro Esposito e da quel giorno il suo nome non ci avrebbe mai più abbandonato. Cosa accadde, cosa è accaduto poi, cosa sta accadendo adesso. Proviamo a ricordare la storia di Ciro Esposito e tutti i suoi dolorosi sviluppi.

3 MAGGIO 2014: CIRO ESPOSITO FERITO ALL’ESTERNO DELLO STADIO OLIMPICO

Doveva essere una serata di festa, anche perché il Napoli asfaltò la Fiorentina 3-1 con doppietta di Insigne e gol di Mertens. Rete della bandiera, per la cronaca, di JM Vargas. Ma tutti ricordiamo soprattutto il clima surreale che si respirava all’interno dello stadio, le news Napoli che arrivavano confuse ed amplificate dal tam tam. E’ stato ucciso un tifoso, è stato un poliziotto. Anzi no, è stato un tifoso della Roma, anzi no, il ragazzo non è morto ma è gravemente ferito. La faccia di Genny La Carogna come copertina stonata di una storia nella storia, quella degli ultras che vogliono far sospendere la partita, magari anche giustamente, e altrettanto giustamente per motivi di ordine pubblico forse è meglio giocare. In quei momenti drammatici non aveva torto nessuno se non chi ci ha marciato durante e soprattutto dopo, con articolesse scandalizzate e approfondimenti televisivi da operetta, con i presenti in studio che accusavano il sistema calcio e dimostravano in realtà di non averci capito un bel niente. Ciro è rimasto in agonia per giorni, ma in realtà è morto già quel giorno, colpito a morte da uno squilibrato fascista che ancora oggi continua a non pagare davvero per ciò che ha commesso, anche se ormai anche i fatti dimostrano la sua colpevolezza.

TRA DOLORE, (IN)GIUSTIZIA E BENEFICENZA: LA MORTE DI CIRO ESPOSITO, ANTONELLA LEARDI E ‘GASTONE’ DE SANTIS

Napoli si chiuse in un enorme abbraccio per cingere quel ragazzo di 30 anni con la faccia pulita e sorridente, tutta la città stretta intorno ad una vittima di un agguato assurdo, ancora più assurdo se pensiamo che la Roma in quella partita non c’entrava nulla e che quindi non c’entrava niente il calcio. Nei giorni seguenti fu tutto un susseguirsi di notizie sulle condizioni di salute di Ciro, che intanto soffriva in ospedale insieme alla famiglia. Su tutti spiccò la forza d’animo e l’enorme coraggio della mamma, la signora Antonella Leardi, una donna che ha dimostrato poi col passare del tempo come anche da una tragedia così grande può nascere del bene. La Leardi ha fondato un’associazione benefica che si chiama ‘Ciro Vive’, gira la città e l’Italia per sensibilizzare tutti sulla situazione delle periferie disagiate come Scampia, il quartiere da cui proviene la famiglia Esposito. Partecipa a programmi televisivi, concede spesso interviste, ha saputo costruirsi un personaggio positivo e che ha sempre qualcosa da dire. Il dolore per la perdita di un figlio è qualcosa che è difficile perfino da immaginare, e ci sono tanti modi per reagire: la signora Antonella ha scelto senz’altro uno dei più costruttivi e ora attende solo che sia fatta giustizia. Già, la giustizia. Di recente c’è stato il processo di Daniele De Santis, che è davvero ‘Gastone’ come dicono vista la piega che sta prendendo la sua situazione giudiziaria e le lungaggini per incriminarlo. Intanto alcuni pseudo-tifosi a Roma si dimostrano più bacati del loro “eroe”: continuano ad osannarlo con striscioni eloquentissimi e non perdono occasione per insultare la Leardi. Eppure, dopo tutto quello che è successo, il cosiddetto ‘odio’ calcistico non dovrebbe entrarci più nulla e continuare a fomentarlo significa essere proprio imbecilli. Appunto.

 

di Antonio Papa (Twitter @antoniopapapapa)

 

 

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