SOLDATI INNAMORATI – Tommaso Primo: “Viola e l’Azzurro, vi racconto le mie passioni. E quell’aneddoto sul Maradona-uomo…”

Tommaso Primo

 

Tommaso Primo, classe ’90, è un giovanissimo cantautore napoletano decisamente in rampa di lancio. Dopo il primo EP “Posillipo Interno 3”, da cui ha estratto il fortunato singolo ‘Gioia’, Tommaso sta riscuotendo un successo meritatissimo con l’ultimo singolo, ‘Viola‘, tratto dal nuovo disco ‘Fate, sirene e samurai’. I suoi due precedenti successi, ‘Gioia’ e ‘Prayer for Kumbaya‘ svelano una simpatia per l’Africa, per sonorità esotiche e orecchiabili, per amici che provengono da una terra lontana e sono spesso ingiustamente bistrattati. Un legame forte, quello con l’Africa, che si riversa anche nell’altra sua grande passione, quella per il Napoli. Tanto che – da tempi non sospetti – ha una predilezione particolare per Omar El Kaddouri. L’abbiamo incontrato per farci raccontare Viola e il nuovo lavoro, ma soprattutto l’amore per il Napoli, con chicca finale da perfetto ‘Soldato Innamorato’.

Allora Tommaso, raccontaci un po’ Viola. Da cosa nasce? E’ ispirata a una storia vera?
“Viola è la storia complessa di una ragazza degli anni ’00 che vive in un’articolata realtà sociale. Attratta da idoli sbagliati, figlia della TV spazzatura, infatuata di tutto ciò che nella vita rappresenta l’apparire e non l’essere. E’ un testo molto forte cantato in maniera dolce, la storia di una ragazza di oggi. E’ ambientata a Napoli, ma secondo me avrebbe potuto avere qualsiasi altro sfondo”.

Però nella canzone viene incastrata e arrestata, mentre nel video in un certo senso si ‘redime’ e si lascia conquistare. Possiamo quindi immaginare un lieto fine per la sua storia? Secondo te c’è una speranza per le tante ragazze italiane che ricalcano questo stereotipo?
“Il video parla di una storia complessa ma genuina. Proprio la genuinità è la mia, la nostra arma di rivoluzione. Io credo che il problema di Viola sia soprattutto di natura culturale. Noi della generazione del ’90 siamo cresciuti con dei modelli educativi secondo me sbagliati. Dai tronisti ai protagonisti dei reality, dalle veline ad altra gente inutile, c’è stata una vera e propria ascesa del nulla che ha influenzato l’intelletto e la morale di tanta gente. La salvezza? La salvezza è la Cultura!”

La tua carriera professionale ha preso un’impennata molto promettente. Che progetti hai per il futuro? Dove ti vedi fra cinque anni?
“Mi vedo con i piedi a terra e con la testa in luoghi fantastici. Fare canzone porta grandi sacrifici, intanto insieme ad altri miei colleghi napoletani stiamo combattendo una battaglia, quella di fare ascoltare nuove idee, nuove forme di linguaggio musicale e “letterario”. Fra cinque anni probabilmente sarò ancora qui cercare di far capire che la canzone partenopea non è morta. Anzi, è sempre pronta a rinnovarsi e a cambiare”

Quindi resti a Napoli? Non ti vedi a cercare fortuna al Nord o all’estero come tanti napoletani?
“Non me ne andrei per un semplice fatto: qui si mangia troppo bene!”

Da Viola… all’azzurro. Quando e come nasce la tua passione per il Napoli?
“Il Napoli che ho iniziato ad amare era il Napoli di Bellucci, Turrini, Schwoch, Altomare, Baldini. Era un Napoli poco vincente, a parte la promozione in A nel 2001, ma l’amore è cosa metafisica (citando una sua canzone, ndr), quindi non ho potuto farne a meno”.

Un aneddoto legato ai colori azzurri a cui sei particolarmente legato?
“Il Maradona calciatore lo conoscono tutti, sull’uomo qualcuno ha da ridire. E invece sentite qua. Era Luglio del 1994, io avevo appena compiuto quattro anni e mio nonno Luigi aveva appena avuto un ictus: sarebbe morto di lì a poco. Nonno era amico di Maradona, un amico vero e il “Pibe” questo lo sapeva. Ora, Diego era appena uscito dalla batosta più grande della sua carriera, quel Mondiale in cui fu trovato positivo all’antidoping in modo quantomeno controverso. Eppure il più grande di tutti i tempi, lui osannato da milioni di tifosi, cercato da milioni di giornalisti, nel periodo più nero della sua esistenza, si ricordò di un semplice ristoratore napoletano che gli era stato amico, inviando un telegramma di condoglianze e una corona di fiori. Questo era Diego Armando Maradona. Indiscutibile come calciatore, ma secondo me indiscutibile anche come uomo”.

Facciamo un gioco: se il Napoli fosse un genere musicale, quelli di Sarri, Benitez e Mazzarri sarebbero…
“Bel gioco, mi piace! Mazzarri sarebbe un “Manouche”, un Napoli in contropiede veloce ed efficace. Quello di Benitez, invece, un Flamenco, passionale e letale, spavaldo e smargiasso ma penetrabile. Sarri invece… beh, Sarri è musica classica”

E se invece fosse una canzone?
“Mazzarri è una con il ritornello forte, Rafa una esplosiva che ascolti che per due tre mesi ma poi non ce la fai più. Sarri invece è una di quelle che ogni volta che le riascolti ti ricordano un momento speciale”.

Soddisfatto della stagione della squadra? Pensi si potesse fare di più?
“Se non sei al primo posto non si è affatto abbastanza, soprattutto se avevi un distacco di 12 punti dalla Juve. Dobbiamo essere più cattivi e ‘cazzimmosi’!”

Un consiglio a De Laurentiis, uno a Giuntoli e uno a Sarri per il prossimo anno.
“A De Laurentiis dico di riguardare con più attenzione la sua immagine e quella della società. Il Napoli deve lavorare ancora molto su questo aspetto e i sui ricavi che ne potrebbero scaturire. A Giuntoli di essere capace, colto e persuasivo. Adoro ds come Sabatini e Marino, galantuomini e persone iper competenti. A Sarri non ho nulla da consigliare… il maestro è lui!”
Grazie di tutto, Tommaso! E in merito al regalo che ci hai promesso…

 

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