IL PERSONAGGIO – Jorginho, da trascinatore a fantasma

Callejon Jorginho © Getty Images
Callejon Jorginho © Getty Images

Il momento del Napoli è ovviamente di difficile accezione positiva. Tra campionato e Champions League sono arrivate tre sconfitte consecutive, di cui due in casa. Quello che prima era il fortino del San Paolo si è trasformato in terra di conquista per Roma e Besiktas. Una situazione che va modificata quanto prima.

Come ci si è arrivati? Il perché, in realtà, è piuttosto chiaro: gli uomini migliori stanno venendo meno. Dal tecnico Sarri, il quale sta pagando l’inesperienza delle tre competizioni e il poco acume di certe scelte, a Lorenzo Insigne, un vero e proprio talento “sprecato” in questo momento. Forse però il calciatore che più di tutto racchiude dentro sé stesso il momento terrificante del Napoli è Jorginho. L’italo brasiliano è passato dall’essere l’eroe del centrocampo al diventare decisivo per le segnature degli avversari. Un’involuzione preoccupante che sta già dando frutti indesiderati.

Dall’Inferno al Paradiso

All’arrivo di Sarri Jorginho è un calciatore demotivato. L’esperienza con Benitez ne ha distrutto la credibilità presso i tifosi del Napoli. Lo spagnolo, infatti, lo penalizza facendolo giocare incontrista in un centrocampo a due. Un ruolo che, certamente, non si abbina alle qualità del calciatore.

A rimettere le cose a posto, ridando alla platea il giocatore ammirato a Verona, è appunto Sarri. L’ex tecnico dell’Empoli restituisce al ragazzo il ruolo da regista, scalzando addirittura il fedelissimo Valdifiori. E’ un trionfo, di idee e di giocate: Jorginho si propone come uno dei migliori centrocampisti d’Italia e addirittura d’Europa. La sua abilità nel tenere palla e nello smistare i passaggi è di primo pelo, così come una calma olimpica nella gestione delle situazioni. Il ragazzo migliora gara dopo gara, sia in campo che nei dati statistici. Il mercato ovviamente impazzo: tutti lo vogliono, il Napoli lo trattiene. E’ lui il faro del centrocampo azzurro. Un faro che pare destinato a non spegnersi.

Addirittura Jorginho riesce a farsi convocare in Nazionale, senza però purtroppo riuscire a guadagnare gli Europei. Sembra tutto apparecchiato il tavolo della consacrazione. Le pietanze di quest’anno, però, paiono fin troppo indigeste.

Dal Paradiso all’Inferno

Dopo aver retto bene nelle prime partite, Jorginho inizia a dare segni di “squilibrio” sin dalla gara contro il Benfica. E’ lui, infatti, a regalare in pratica il primo gol ai lusitani con un retropassaggio troppo molle all’indirizzo di Koulibaly. Un errore che ci può stare, perché Jorginho ha sbagliato poco e nulla precedentemente. Un’avvisaglia che, però, viene ingiustamente sottovalutata.

Il ragazzo sembra molto diverso a livello mentale. Appare insicuro, poco attento, fin troppo propositivo a livello di conclusioni offensive senza ottenere grossi risultati. Ingabbiato dalle marcature e dal pressing degli avversari, Jorginho perde brillantezza e di conseguenza inizia a sbagliare tantissimo. L’errore a porta vuota contro la Roma grida ancora vendetta. Ieri, invece, un altro retropassaggio suicida spiana la strada alla prima rete di Aboubakar, la seconda dei turchi. Nel mezzo, tre partite giocate da assolutamente protagonista negativo: tanti appoggi sbagliati, troppa frenesia nelle giocate, una tenuta fisica e mentale insufficiente. Non è un caso che Sarri, restio al turnover, abbia fatto esordire proprio ieri il giovane Diawara. E non è detto che il ragazzo arrivato dal Bologna possa giocare più spesso.

Ovviamente, l’involuzione di Jorginho non è solo causa del suo rendimento. La squadra, infatti, sembra non avere più la velocità dell’anno scorso. Inoltre, gli avversari hanno ormai compreso il gioco monotematico del Napoli. Soprattutto, hanno capito che tutto dipende dal regista: Jorginho quindi diventa inevitabilmente il capro espiatorio di un centrocampo che sembra non funzionare più come prima. Il San Paolo è tornato a mugugnare e lo spettro dei fischi dell’Era Benitez aleggia nell’anima del numero 8. Servirà cambiare marcia per trasformare nuovamente questi fischi in applausi. O magari, semplicemente, qualche turno di riposo per un giocatore che sta attraversando un importante momento di stanchezza.

di Claudio Agave

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