I tre reparti azzurri analizzati dopo la gara

 

CLICCA QUI PER ESSERE SEMPRE AGGIORNATO SUL TUO NAPOLI!

 

DIFESA – Il nemico da combattere, in un pomeriggio d’un vento da cani, è Eolo: non gioca, però attacca e dà noia e dà fastidio soprattuto a Rosati e a Colombo, che impiegano – rispettivamente – diciotto e dodici minuti per toccare il primo pallone «vivo». La legittimità della difesa, il tallone d’Achille dell’ultimo trimestre dell’anno ormai alle spalle, resta da definire quando sarà calcio vero, quando ci saranno avversari di spessore, quando le gambe avranno smesso di andare un po’ di qua e un po’ di là – causa la stanchezza dell’allenamento mattutino. Ovviamente, si ricomincia da tre, mischiando le carte. cominciano Campagnaro, Fernandez e Britos, continuano Grava, Cannavaro e Aronica. Il match è impari, perché d’estate succede e soprattutto nella prima assoluta contro dilettanti che possono mostrare buona volontà, e dietro servirebbe una «felpa» per ripararsi dalle dispettose folate d’aria semifredda. Tiri in porta: uno, per gentile concessione dalla distanza; qualche traversone di alleggerimento lasciato agli interlocutori e mai un vero pericolo degno d’esser definito tale. Poi solo controllo agevole della situazione e l’annuncio, tra le righe, d’un ballottaggio sul centro-sinistra tra Britos (che colpisce una traversa e segna) e un Aronica che appena dentro si mostra disinvolto nel palleggio e decide persino di assumersi qualche rischio, consapevole che le circostanze lo consiglino. Venerdì pomeriggio ci sarà il Bayern, serviranno gambe e testa, muscoli e cervello: e però sarà sempre un allenamento, mica la rivincita dell’Allianza Arena!

CENTROCAMPO – Le amichevoli servono per capire e il ritorno alle origini con il centrocampo a cinque (stavolta autentico, perché gli esterni possono evitare di abbassarsi) consente di cercare le giocate, di radicare le posizioni, di aggiornare le considerazioni. Il migliore della compagnia lo chiameremo Andrea, cioé Dossena, che conferma quanto lasciato trasparire nelle ripetute e tra i boschi, va con un altro passo, non solo segna ma rappresenta sempre l’appoggio nella sovrapposizione (a sinistra) e va di scarico sul centrocampista che lo sostiene a rimorchio. Ha gamba, entusiasmo e lancia la sua «personalissima» sfida a Zuniga che, ma guarda un po’, lui ch’è un destro naturale, sulla corsia che gli dovrebbe essere più familiare sembra trovare difficoltà di spinta: si concede una percussione vincente, pareggia dunque il conto con il dirimpettaio dell’altra fascia e scioglie le gambe, forse intossicate dall’acido lattico. La cabina di regia è di Inler, come da copione, e davanti allo svizzero sembra che il campo si sia improvvisamente allargato: gioca «corto» o lungo, non è soffocato – complice l’assenza di pressione avversari – e può osservare Hamsik e Dzemaili quando vanno dentro, quando si scambiano la fascia di competenza, quando vanno a cercarlo. Il «nuovo» Gargano emerge nella ripresa, quando va a fare l’Inler: però ha meno profondità visiva, più capacità dinamica. Il modulo non gli piace più di tanto, ma se lo farà piacere e finirà per tornare mediano di destra: lui e Behrami o lui e Dzemaili, che sa scavallare pure dall’altra parte, saranno scintille all’ultimo scatto.

ATTACCO – Il mattatore è Insigne con la sua tripletta, ma la curiosità è anche per Vargas, che deve fare a cazzotti con la sorte, perché quando Edu, poverino, ad un certo punto è capace di pescare due pali con un tiro, prima quello alla sinistra del portiere e poi quello alla destra, con palla che attraversa la luce di porta, la maledizione sembra essersi abbattuta un pochino su di lui. Il tentativo di «travestirlo» da un Pato prima maniera è lodevole, però il cileno è eccessivamente innamorato del pallone, ha un tocco di troppo e le movenze di un attaccante che tatticamente è ancora nella fase evolutiva: la scolarizzazione con Mazzarri aiuterà a capire quando si deve «accorciare», quando si deve «allungare»; e tempi delle giocate che vanno compresi attraverso lo studio d’un calcio italiano da lui un pizzico distante. Ma tra le pieghe d’un pomeriggio reso antipatico dalla sfortuna, ci sono i cori d’incitamento della folla che ha avvertito il disagio d’un ragazzo sul quale il Napoli ha investito pesantemente ed ovviamente intende continuare a farlo, stavolta in chiave tattica: i piedi sono buoni e le intenzioni assai lodevoli. Senza Cavani, c’è manovra meno esplosiva, però poi al resto pensa Insigne sino a quando è in campo e infine Pandev, che non deve certo preoccuparsi di dimostrare a Dimaro di cosa sia capace: gli basta segnare, perché ad un attaccante fa sempre piacere; condividere con Fornito la soddisfazione; e poi attendere che l’adrenalina spinga al fischio d’inizio d’un match che conta.

 

Fonte: Corriere dello Sport

Impostazioni privacy