Disney Napoli, ancora a caccia della Cenerentola Mihajlovic

showtime finale

 

 

Che i film di Ron Howard abbiano una componente emotiva fortissima è cosa risaputa, e nel 2005 con Cinderella Man il regista statunitense lo dimostra ancora una volta, chiamando a sé nuovamente Russell Crowe, per un personaggio complesso e profondo, seppur non avvicinabile al Nash di A Beautiful Mind, che lotta per passione, per continuare a vivere, per orgoglio e, in parte, per mantenere la propria famiglia numerosa.

 

La vita da pugile però è difficilmente destinata a durare, soprattutto nella prima fase del ventesimo secolo, quando non era poi tanto difficile che il ring ti portasse via la vita stessa. Jim deve dire addio alla boxe, lo promette a sua moglie, ma i tempi peggiorano e si va incontro alla Grande Depressione. Lo spettatore sa che prima o poi il protagonista tornerà a indossare dei guantoni, a farsi maciullare la faccia e, perché no, a sfidare il campione in carica. Sa forse anche come andrà a finire la pellicola, anche se Million Dollar Baby, uscito l’anno precedente, non lascia di certo tranquilli. Ciò che conta però sono le emozioni scatenate in scena, e dunque il percorso, la risalita, la lotta dura di una persona comune, armata di un gancio e un sogno.

 

Inutile dire come il calcio viva di storie del genere. Identificare una squadra, in corsa magari contro armate del calibro del Bayern Monaco, come la Cenerentola del torneo è qualcosa che ogni telecronista ha fatto almeno una volta nella propria carriera. L’espressione è usata e abusata anche sulla carta stampata e il web, e in particolare una piazza nostrana adora storie di questo tipo, al punto da arrivare a sfiorare l’autolesionismo. Ovvio che io stia parlando di Napoli.

 

Due esempi della storia recente azzurra, Lavezzi e Cavani, seppur in maniera differente, rappresentavano proprio la storia di Jim. Un elettricista e un finto esterno mai compreso del tutto, che diventano rispettivamente uno spacca difese scugnizzo amato dalla folla e un capocannoniere ambito da mezza Europa. La folla ancora li rimpiange, nonostante i fischi al Matador nella sua prima al San Paolo in maglia PSG, e oggi in tanti, almeno nei momenti bui della stagione di Rafa, hanno invocati loro nomi. Higuain è un fenomeno, ma lo era già quando ha messo piede a Napoli, e questo è, a quanto pare, un peccato del quale è impossibile liberarsi. Il passato è sempre più roseo, anche se al tempo veniva criticato, e le storie alla Cenerentola fanno piangere il cuore, anche se quella di Insigne ha visto tanti fischi, offese e parole irripetibili passare attraverso gli spalti del San Paolo.

 

Oltre ai giocatori però questo processo coinvolge anche la panchina del tecnico, con Rafa messo a confronto di allenatori appena nati, che nulla sanno di vittorie, nazionali e internazionali, se non da giocatori. Napoli però dà speranze a tutti, e così acclama Mihajlovic, anche se un po’ meno dopo la dura sconfitta di qualche giorno fa. Il duro ormai quasi ex Sampdoria ha il carattere giusto per tener testa alla piazza, e forse anche la stessa ignoranza. Lui è il tipo di allenatore che mette le mani addosso ai sui calciatori per “motivarli”, e crea teatrini come un tal Mazzarri con le sue giacche e i suoi orologi. Rafa invece è calmo, troppo per questa città, lavora a testa bassa e porta risultati incredibili, come due Coppe, si spera tre, una possibile qualificazione in Champions e, cosa più importante di tutte, un gioco.

 

Il suo Napoli non attende ma costruisce. Prende in mano la gara e prova a dominarla. A volte perde e subisce troppe reti, ma il mercato può sopperire a tali mancanze. Finalmente al San Paolo si rivede una squadra di caratura europea, con un tecnico che solo a nominarlo trascina a Fuorigrotta campioni da ogni squadra. Sono certo però che Sinisa saprà fare lo stesso, d’altronde il buon Aurelio ha contatti nel mondo del cinema. Magari fa uno squillo al buon Ron e gli chiede una buona sceneggiatura per l’anno venturo.

 

 

di Luca Incoronato (Twitter: @_n3ssuno_)

 

 

 

 

 

 

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