Napoli-Bologna è stata l’ennesima, triste Caporetto di Ancelotti

Napoli-Bologna è stata l’ennesima, triste Caporetto di Ancelotti. L’ambiente azzurro spera in una scossa, ma quando arriverà?

Liverpool Napoli
Liverpool Napoli (Getty Images)

Liverpool, i segnali distensivi e la presunta pace di Castel Volturno: tutto, ormai sembra già appartenere ad un grigio passato. Napoli-Bologna è stata l’ennesima, triste Caporetto firmata da Carlo Ancelotti e da una squadra ormai causa del proprio male. Eppure, i primi quarantacinque minuti avevano mostrato un gruppo sì confuso, ma certamente più propositivo, rispetto all’opaco andazzo degli ultimi mesi. Anche il 4-3-3 disegnato dal tecnico emiliano ha rappresentato un segnale di riavvicinamento alla squadra, che da mesi invocava un ritorno al passato. E invece, è bastata la rete di Skov Olsen per gettare nel panico un gruppo, un allenatore e una società, ormai, sull’orlo di una crisi di nervi. Il secondo tempo è diventato teatro ed esemplificazione dei problemi e dei malanni di questo Napoli. E le scelte tecniche di Ancelotti (Callejon assente anche oggi) e il linguaggio del corpo dei giocatori in campo sono valse più di qualsiasi silenzio stampa.

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Napoli-Bologna, analisi di una disfatta: serve una scossa, costi quel che costi

Serve una scossa, c’è poco da dire o da scrivere. E serve anche in fretta, perché il Napoli non vince da otto partite di fila ed è fermo ad una proiezione di 54 punti in classifica. Un cammino ed un rendimento insufficiente anche per lottare per l’Europa League. Una scossa che serve urgentemente, costi quel che costi. Anche la testa di uno dei più grandi allenatori (per curriculum) al mondo. Ancelotti ha fallito e il suo Napoli con lui, in una spirale di contraddizioni, scelte discutibili e zone d’ombra che amareggiano e deludono. Il grande allenatore, quello che avrebbe dovuto completare il passaggio definitivo, traghettando il Napoli da ottimo club a top club, ha invece rappresentato uno dei principali fattori di ridimensionamento. Fattori che vanno ad integrarsi con una gestione societaria ormai ai limiti del regime autoritario e di un gruppo di calciatori divenuto perdente con il passare delle stagioni. Tutti colpevoli, sia ben chiaro, di questa disfatta, chi più e chi meno. E col benestare della storia, adesso è giunto il momento di far cadere qualche testa e avviare una rivoluzione. Vera.

 

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